allenamento che sfruttano l'EPOC allo scopo di dimagrire
PIÙ PROLUNGATO
È L’ESERCIZIO MAGGIORE È IL CONTRIBUTO DEI GRASSI
90% DOPO 6 H – 62 G GRASSO ORA (EDWARDS & MARGARIA 1934)
90% DOPO 6 H – 62 G GRASSO ORA (EDWARDS & MARGARIA 1934)
Sappiamo come
vi sia una relazione inversa tra l’intensità del lavoro e quota di grassi
ossidati. Il lavoro a bassa intensità utilizza come substrato preferenzialmente
i lipidi; Man mano che aumenta l’intensità il Quoziente Respiratorio (QR) si
sposta verso 1 e quindi l’utilizzazione quasi esclusiva dei carboidrati.
Quando si effettua un esercizio aerobico a bassa intensità, il consumo di ossigeno sale in modo esponenziale nei primi minuti di attività. Dopo 3-4 minuti il consumo di ossigeno si stabilizza raggiungendo lo stato di steady state.
In questa fase c’è equilibrio tra ATP usata ed ATP resintetizzata e quindi non c’è accumulo di acido lattico la cui eventuale formazione è subito riconvertita in glicogeno nel fegato. Prima della fase di steady state c’è uno sbilancio nell’uso di ossigeno rispetto al suo reintegro dovuto ai tempi di adattamento dell’organismo alle nuove richieste di energia. Immediatamente dopo l’esercizio il consumo di ossigeno rimane elevato per un certo periodo consentendo all’organismo di ripristinare le riserve, essenzialmente dei fosfati inorganici, utilizzate durante le fasi iniziali del lavoro. Tale permanere di un’elevazione del consumo di ossigeno viene chiamata debito d’ossigeno. Per un esercizio leggero il debito di ossigeno è pagato con reazioni metaboliche ossidative che si verificano in breve tempo. Per esercizi intensi, invece, questo avviene molto più lentamente, entro le 16-19 ore. Dopo un lavoro di tipo esaustivo, parte del consumo di ossigeno del recupero va perso per la resintesi di ATP e CP e per la gluconeogenesi. Questo meccanismo è attivo anche durante l’esercizio ed è migliorabile con l’allenamento (MacRae 1992), anche se la principale via di resintesi è basata sull’assunzione di carboidrati dalla dieta.
L’andamento del consumo di ossigeno durante il recupero mostra due importanti caratteristiche: Se l’esercizio è leggero, quindi essenzialmente aerobico e di breve durata (presumibilmente in questo caso non vi è un consistente aumento della temperatura corporea e una variazione dell’assetto ormonale), circa il 50% del debito di ossigeno è pagato in 30 secondi, e il debito si annulla Si parla in questo caso di componente rapida nel pagamento del debito di ossigeno (Poehlman 2002). Il recupero da un lavoro intenso presenta un quadro diverso, che si correla al fatto che vi è stato un considerevole aumento della temperatura corporea, della concentrazione del lattato e una forte modificazione dell’assetto ormonale; si parla in questo caso di componente lenta nel ritorno del consumo di ossigeno verso il valore basale.
Diversi ricercatori hanno riscontrato che, in funzione dell’intensità e della durata dell’attività fisica, questa fase può prolungarsi fino a 24 ore prima che si ritorni al consumo di ossigeno basale.
Quando si effettua un esercizio aerobico a bassa intensità, il consumo di ossigeno sale in modo esponenziale nei primi minuti di attività. Dopo 3-4 minuti il consumo di ossigeno si stabilizza raggiungendo lo stato di steady state.
In questa fase c’è equilibrio tra ATP usata ed ATP resintetizzata e quindi non c’è accumulo di acido lattico la cui eventuale formazione è subito riconvertita in glicogeno nel fegato. Prima della fase di steady state c’è uno sbilancio nell’uso di ossigeno rispetto al suo reintegro dovuto ai tempi di adattamento dell’organismo alle nuove richieste di energia. Immediatamente dopo l’esercizio il consumo di ossigeno rimane elevato per un certo periodo consentendo all’organismo di ripristinare le riserve, essenzialmente dei fosfati inorganici, utilizzate durante le fasi iniziali del lavoro. Tale permanere di un’elevazione del consumo di ossigeno viene chiamata debito d’ossigeno. Per un esercizio leggero il debito di ossigeno è pagato con reazioni metaboliche ossidative che si verificano in breve tempo. Per esercizi intensi, invece, questo avviene molto più lentamente, entro le 16-19 ore. Dopo un lavoro di tipo esaustivo, parte del consumo di ossigeno del recupero va perso per la resintesi di ATP e CP e per la gluconeogenesi. Questo meccanismo è attivo anche durante l’esercizio ed è migliorabile con l’allenamento (MacRae 1992), anche se la principale via di resintesi è basata sull’assunzione di carboidrati dalla dieta.
L’andamento del consumo di ossigeno durante il recupero mostra due importanti caratteristiche: Se l’esercizio è leggero, quindi essenzialmente aerobico e di breve durata (presumibilmente in questo caso non vi è un consistente aumento della temperatura corporea e una variazione dell’assetto ormonale), circa il 50% del debito di ossigeno è pagato in 30 secondi, e il debito si annulla Si parla in questo caso di componente rapida nel pagamento del debito di ossigeno (Poehlman 2002). Il recupero da un lavoro intenso presenta un quadro diverso, che si correla al fatto che vi è stato un considerevole aumento della temperatura corporea, della concentrazione del lattato e una forte modificazione dell’assetto ormonale; si parla in questo caso di componente lenta nel ritorno del consumo di ossigeno verso il valore basale.
Diversi ricercatori hanno riscontrato che, in funzione dell’intensità e della durata dell’attività fisica, questa fase può prolungarsi fino a 24 ore prima che si ritorni al consumo di ossigeno basale.
Fino agli anni Ottanta la definizione di “debito di ossigeno” non è mai stata messa in discussione. Ma, grazie ad uno studio di Gaessere e Brooks nel 1984, è stata introdotta la dicitura di “eccesso di consumo di ossigeno post-esercizio” o EPOC (dall’inglese Excess Postexercise Oxigen Consumption).
Benedict e
Carpenter nel 1910 utilizzarono il calorimetro umano per misurare il costo del
metabolismo a riposo dopo un intenso esercizio fisico in due soggetti adulti e
sani. Nelle 7-13 ore seguenti l’attività, venne registrato un aumento di
addirittura l’11,1% della spesa calorica.
Herxheimer e i suoi collaboratori, nel 1926, notarono
che la VO2 di cinque soggetti non allenati non tornava ai valori basali fino a
36-48 ore dopo un esercizio.
Per molti anni
sulla curva dell’EPOC sono state descritte due componenti distinte: una
iniziale veloce e una secondaria più lenta. Secondo le teorie classiche, la
componente veloce rappresenterebbe l’ossigeno richiesto per ricostituire le
riserve di ATP E PC utilizzate durante l’esercizio, specialmente nella fase
iniziale. Infatti, senza O2 sufficiente, i legami dei fosfati altamente energetici
vengono rotti per supplire alla richiesta di energia. Durante il riposo, questi
legami avrebbero bisogno di essere riformati, attraverso i processi ossidativi,
per rimpinguare le riserve di energia. La componente lenta della curva, invece,
si pensava risultasse dalla rimozione dai tessuti del lattato accumulato, sia
convertendolo in glicogeno sia ossidandolo in CO2 e H2O, in modo da fornire
l’energia necessaria per ripristinare le scorte di glicogeno. Con questa
teoria, sia la componente veloce che quella lenta della curva dell’EPOC erano
ritenute un riflesso del metabolismo aerobico intervenuto durante l’esercizio.
Si credeva che,
quantificando il consumo di ossigeno post-esercizio, si potesse stimare la
spesa aerobica. Tuttavia, studi più recenti dimostrano che questa spiegazione
classica dell’EPOC è troppo semplicistica. Per esempio, durante la prima fase
dell’esercizio, una piccola quantità di ossigeno è “presa in prestito” dalle
scorte dell’ossigeno stesso (emoglobina e mioglobina). Questa quantità deve
essere recuperata nella fase di riposo. Inoltre, il ritmo respiratorio rimane
elevato temporaneamente dopo la fine dell’esercizio, in parte a causa della
rimozione di CO2 che si è accumulata nei tessuti come prodotto di scarto del
metabolismo. Anche la temperatura corporea rimane elevata, e di conseguenza
aumentano il metabolismo e il ritmo respiratorio; inoltre, anche i livelli
elevati delle catecolamine durante l’esercizio hanno gli stessi effetti. Da
un’analisi superficiale, quindi, si può vedere che sono coinvolti molti più
processi rispetto a quanti alludono le teorie classiche. L’elevato consumo di
ossigeno dipende da molti fattori, e non solo da quelli riguardanti la
resintesi di ATP e Pc e la rimozione del lattato prodotto dal metabolismo aerobico.
L’eccesso di consumo di ossigeno post prestazionale si chiama EPOC (excess postexercise oxygen consumption) e le sue cause possono essere ricondotte a:
L’eccesso di consumo di ossigeno post prestazionale si chiama EPOC (excess postexercise oxygen consumption) e le sue cause possono essere ricondotte a:
- Resintesi di ATP
- Resintesi di glicogeno da acido lattico (ciclo di Cori)
- Ossidazione del lattato
- Reossigenazione del sangue
- Effetto termogenico legato all’aumento della T° corporea
- Effetto termogenico determinato dagli ormoni catecolaminergici
Mantenimento di
una FC e ventilazione elevata in corso di esercizio
Considerando i dati ricavati dagli studi presi in esame si può affermare che: Nel caso di esercizi blandi (di intensità inferiore al 50% della VO2max e di durata inferiore ad 1 ora), l’EPOC si esaurisce nella mezz’ora successiva alla fine dell’attività; inoltre, il contributo dell’EPOC al totale consumo energetico è minimo. Nel caso di esercizi di moderata intensità (vicina al 50% della VO2max e di durata superiore a 1 ora), l’EPOC si prolunga al massimo per un paio di ore, e il suo contributo alla spesa energetica totale è moderato. Sembra possibile che se aumentasse la durata dell’esercizio (da 2 a 4 ore) si potrebbe ottenere un EPOC più durevole anche a questa intensità di lavoro. Nel caso di esercizi strenui (di intensità pari o superiore al 70% della VO2max), si verifica un persistente incremento nel consumo di ossigeno durante il recupero, e questo contribuisce in modo significativo al totale consumo energetico. A questa intensità di lavoro, l’EPOC mostra una relazione lineare con la durata dell’esercizio, ed equivale approssimativamente al 15% dell’ossigeno totale consumato durante l’esercizio.
Considerando i dati ricavati dagli studi presi in esame si può affermare che: Nel caso di esercizi blandi (di intensità inferiore al 50% della VO2max e di durata inferiore ad 1 ora), l’EPOC si esaurisce nella mezz’ora successiva alla fine dell’attività; inoltre, il contributo dell’EPOC al totale consumo energetico è minimo. Nel caso di esercizi di moderata intensità (vicina al 50% della VO2max e di durata superiore a 1 ora), l’EPOC si prolunga al massimo per un paio di ore, e il suo contributo alla spesa energetica totale è moderato. Sembra possibile che se aumentasse la durata dell’esercizio (da 2 a 4 ore) si potrebbe ottenere un EPOC più durevole anche a questa intensità di lavoro. Nel caso di esercizi strenui (di intensità pari o superiore al 70% della VO2max), si verifica un persistente incremento nel consumo di ossigeno durante il recupero, e questo contribuisce in modo significativo al totale consumo energetico. A questa intensità di lavoro, l’EPOC mostra una relazione lineare con la durata dell’esercizio, ed equivale approssimativamente al 15% dell’ossigeno totale consumato durante l’esercizio.
STUDI
INTERESSANTI
In un recente studio, Thornton e Pottiger hanno esaminato gli effetti di due allenamenti con i pesi ad alta e bassa intensità ma di simile quantità di lavoro sull’EPOC. I periodi di attività consistevano in due sets di 9 esercizi. Nella sezione ad alta intensità i soggetti eseguivano 8 ripetizioni all’85%, nella sessione a bassa intensità eseguivano 15 ripetizioni al 45%. Entrambe le sessioni prevedevano 2 minuti di recupero fra i sets. Il tempo impiegato dai soggetti per concludere la sessione ad alta intensità è stato 23 minuti, mentre 26 minuti sono stati impiegati per completare l’altra. La VO2 è stata misurata tra 0-20, 45-60 e 105-120 minuti dopo l’esercizio. Il valore dell’EPOC era maggiore dopo la sessione ad alta intensità rispetto a quella a bassa intensità durante ogni periodo di misurazione (Thornton 2002).
Elliot ed i
suoi collaboratori misero a confronto un esercizio aerobico sulla bike (40
minuti all’80% della VO2max), con un allenamento con i pesi a circuito (4 sets,
8 esercizi, 15 ripetizioni al 50% di 1RM) e con un intenso allenamento con i
pesi (3 sets, 8 esercizi, esaurimento all’80-90% di 1RM). Trovarono che
l’ultima sessione di esercizi dava il valore più alto di EPOC. Anche se non
vennero riportati i volumi di lavoro dell’esercizio, i ricercatori di questo
studio ipotizzarono che la quantità della massa muscolare implicata nel lavoro
fosse l’importante variabile che causava il valore più alto di EPOC.
Laforgia et al.
compararono l’EPOC misurato dopo un esercizio sovramassimale (20 x 1 minuto di
corsa al 105% della VO2max intervallati da 2 minuti di recupero) all’EPOC
misurato dopo una corsa sotto massimale (30 minuti al 70% della VO2max).
Rilevarono che l’EPOC misurato dopo l’esercizio sovramassimale si prolungava
per 9 ore in più rispetto a quello successivo all’esercizio sottomassimale
(Laforgia 1997).
Bahr ed i suoi
collaboratori trovarono che la somma di periodi intermittenti di esercizi
sovramassimali che portavano all’esaurimento (1, 2 o 3 periodi di 2 minuti alla
bike al 108% della VO2max, separati da 3 minuti di recupero) aumentava la spesa
energetica post-esercizio per 4 ore (Bahr 1992).
Di estremo
interessa il lavoro di Schuenke 2002; che ha dimostrato come un lavoro con i
sovraccarichi (10 reps 4 set per 3 esercizi) aumentava l’EPOC nelle 38h post
esercizio, ben più delle 16h prima riportate in letteratura (Melby 1993,
Osterburg 2000).
Ecco due
tabelle di allenamento che sfruttano l'EPOC allo scopo di dimagrire !!
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