- SALUTE - La sindrome metabolica



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SALUTE: quel benessere psicofisico dal quale ci allontaniamo sempre più

Abbiamo scelto questo argomento, la Sindrome metabolica (o plurimetabolica), perché negli ultimi trent'anni questo fenomeno, che in verità è un insieme di patologie, sta dilagando a dismisura. Si calcola, infatti, che circa il 25% della popolazione italiana, cioè una persona su quattro, presenta o presenterà tutti i criteri per entrare in questa sindrome, anche perché generalmente la Sindrome Metabolica risulta presente già da molti anni, a volte addirittura fino a dieci, prima  della diagnosi da parte del medico. 
L'espandersi del “benessere”, con i suoi prodotti alimentari industriali, causa un enorme aumento delle patologie legate all'insulino resistenza, e secondo le stime, nel 2015 ci saranno più di 220 milioni di persone con
 diabete di tipo due in tutto il mondo.
In Italia si spendono circa 23 miliardi di euro per problematiche legate all'obesità, ma è particolarmente importante sottolineare che, nonostante lo sforzo economico, la Sindrome Metabolica resta la prima causa di morte in Italia.
Il termine “Sindrome Metabolica” sembra risalire agli anni cinquanta, ma è divenuto di uso comune solo  negli anni '70, e dobbiamo arrivare al  1988 per avere una vera e propria definizione completa, quando cioè Gerald Reaven indicò la sindrome come manifestazione simultanea di:
  • insulino resistenza,
  • iperinsulinemia,
  • stati pre diabetici seguiti da diabete di tpo 2,
  • dislipedemia, (è una qualsiasi condizione clinica nella quale sono presenti nel sangue elevate concentrazioni di lipidi.)
  • obesità centrale,
  • iperuricemia, (gotta)
  • ipertensione arteriosa,
e ad essa fu associata un' aumentata incidenza di cardiopatie ischemiche. Grazie a questa definizione e ai numerosi studi, la sindrome viene oggi chiamata anche “Sindrome Reaver” in suo onore.
Ma come possiamo identificarla meglio ?
La Sindrome Reaver può essere scomposta più chiaramente in vari fattori principali:

Primo fattore
Circonferenza vita (uomini oltre i 102 cm donne oltre 88 (94 cm uomini – 80 donne, secondo fonti americane)
Secondo fattore
Ipertensione arteriosa oltre 130/85 mmHg
Terzo fattore
Valori di colesterolo HDL (buono) inferiori a 40 mg/dl nell' uomo e di 50 mg/dl nelle donna
Quarto fattore
Glicemia oltre 110 mg/dl
Quinto fattore
Trigliceridi oltre 150 mg/dl
Sesto fattore
Indice di massa corporea oltre i 30 (rapporto peso/altezza al quadrato, (B.M.I.)

Dal punto di vista medico, possedere tre di questi sei fattori è sufficiente per avere una diagnosi di  Sindrome Metabolica e, con buona probabilità, essere infelici possessori di un biglietto di sola andata per il diabete  di tipo 2.
Come ultimo fattore, ad aggravare il tutto, troviamo l'età, determinante negli uomini al di sopra dei 40 anni e nelle donne dai 50 anni in poi.
Ma da dove parte il tutto ?
Non è affatto retorica, ma tutto parte dalla società moderna che, con il suo stile di vita abnorme e contraddittorio, sta cercando in tutti i modi di scardinare più di due milioni d'anni di evoluzione umana, fatta da altrettanti milioni d'anni di adattamenti e selezione genetica. 
L'agricoltura esiste da 10.000 anni, ma questo tempo, che può sembrare un'eternità, non è affatto sufficiente, a livello evolutivo, a determinare un adattamento per la nostra specie; figuriamoci allora se il cambiamento radicale dello stile di vita e l'arrivo dei prodotti industriali (non dimentichiamo che tutto il cibo viene lavorato industrialmente, non solo le merendine), che ha completamente cambiato il nostro modo di vivere e  alimentarci negli ultimi 50 anni, può esser stato assimilato anche dal punto di vista genetico. Questo, unito alla mancanza di movimento su cui invece l'evoluzione umana si è sempre basata, ha prodotto e produrrà effetti devastanti per la salute dell'uomo; la Sindrome Metabolica ne è il più chiaro esempio.
L'uomo per milioni di anni ha basato la sua vita su un ciclo simile:
Nella prima fase si spostava in cerca di selvaggina cibandosi di bacche, radici, piccole uova ecc.,  tutte fonti alimentari con un basso indice glicemico.
Nella
 seconda fase, uccisa la preda, quasi sempre con grande sforzo fisico, ne mangiava la maggior quantità possibile (il posto più sicuro era la pancia, non certo il frigorifero di casa!)
La
 terza fase consisteva nel riposo più assoluto: non c' era motivo di fare altro visto che la pancia era piena.
Dunque vi era un ciclo di raccolta, caccia, riposo assoluto, e non dimentichiamo che i periodi in cui la disponibilità di cibo era scarsa erano frequenti.
Pensiamo ad oggi:
 
La
 prima fase consiste, nella peggiore delle ipotesi (cioè dispensa vuota), in uno spostamento in macchina fino al supermercato, dove facciamo comodamente la spesa; sforzo che alla fine viene ripagato con un trancio di pizza e una birra, piuttosto che le patatine fritte, procurandoci un picco glicemico da monte K2.
Nella
 seconda fase attingiamo quotidianamente e a più riprese alla scorta di pasta, pizza, pane e merendine varie che abbiamo comprato, facendo salire la nostra glicemia dal K2 al monte Everest. 
La
 terza fase è invece rimasta pressoché identica: riposo assoluto a pancia piena, con l'unica variante di un bel divano al caldo d'inverno e al fresco in estate (per non sprecare inutilmente calorie in regolazione termica).
Al di là delle troppo, facili ironie, questi elevatissimi e frequenti picchi glicemici causano al nostro organismo danni devastanti; certo, non in un giorno o un mese, ma in 10 – 20 – 30 anni, a seconda delle capacità tampone individuali.
Credere che con una grande quantità di cibo a disposizione in ogni momento della giornata si possa vivere una lunga vita in salute, è semplicemente deleterio.
 
L'insorgere delle malattie metaboliche nell'uomo coincide con l'invenzione dell'agricoltura, e il conseguente utilizzo di cereali/zuccheri ad alto indice glicemico per alimentarsi. Fin quando la disponibilità personale era  scarsa e il lavoro fisico era molto e pesante, il problema è rimasto marginale, o a esclusiva di faraoni, nobili ecc (come le ricerche archeologiche sembrano confermare). 
In tutto questo quadro evolutivo, consideriamo anche che gli animali che alleviamo per mangiarne la
 carne vengono nutriti principalmente a cereali, ma, loro come noi, si sono evoluti mangiando tutt'altro e vivendo in modo diverso.  Questo non moltiplica evidentemente i rischi per l'uomo?
Ma perché è cosi difficile avere un'alimentazione sana ed equilibrata visto che possiamo scegliere cosa mangiare ?
Il problema sta appunto nel perché possiamo scegliere. All'interno del nostro cervello, più precisamente nell'ippocampo, cioè la parte più antica, abbiamo un meccanismo istintivo che, di fronte ad un tavolo su cui  abbiamo apparecchiato diversi tipi  di cibo, ci fa scegliere inconsciamente il più calorico (ad esempio, tra lasagne e carote, opteremo senz'altro per le prime). Ecco spiegato il perché è tutt'altro che facile rinunciare a certi tipi di cibi. Bisogna tener presente che oltretutto questo meccanismo non è una prerogativa umana; per fare un esempio, il leone mangia prima il grasso della sua preda, cioè la parte con più calorie. Nessun vivente su questo pianeta, ad eccezione dell'uomo, è cosi “stupido” da accettare una situazione volontaria di restrizione calorica, perché in natura sarebbe un comportamento autolesionista. Basta questo dato per comprendere il perché del fallimento delle diete: esse non fanno parte del nostro istinto, per decenni ci hanno propinato diete ipocaloriche a basso tenore di grassi…
Solo la consapevolezza personale che deriva in buona parte da una corretta informazione scientifica ci può aiutare, ma quasi sempre quest'ultima viene meno, visto che gli interessi economici hanno sempre la prerogativa su tutto. Un esempio: il
 frumento moderno, alla base di larga parte dei prodotti industriali che quotidianamente consumiamo, influenza i livelli di zuccheri nel sangue esattamente come lo zucchero da tavola… Ma voi mangereste mai mezzo chilo di zucchero da solo?
Obesità centrale e insulino resistenza…
Il tutto sembrerebbe partire dall'obesità viscerale (il grasso sull'addome), cioè la cosiddetta “pancetta” che spesso guardiamo con un sorriso indulgente o che consideriamo essere solo un problema estetico, e non ciò che è in realtà: una minaccia alla nostra salute! Questo tipo di adipe, infatti, a differenza dell'altro grasso presente nel nostro organismo, ha funzioni endocrine, cioè libera nel torrente ematico grandi quantità di acidi grassi liberi (FFA), e nel corso del tempo può portare all'instaurarsi della resistenza all'insulina; questo porta a diverse conseguenze, che possono sfociare in ipertensione, dislipidemia e ridotta tolleranza al glucosio; le quali a loro volta possono causare disfunzioni e danni all'endotelio vascolare e portare ad infarto, ictus e aterosclerosi.
Alcuni dei principali effetti dell'isulino resistenza:   
  • L'insulino resistenza: porta ad ipertensione, poiché l'iperinsulinemia aumenta il riassorbimento renale di sodio ed acqua, quindi aumenta il volume plasmatico e si verifica un aumento della pressione. 
  • L'insulino resistenza: porta  ad avere un'iperglicemia, (concentrazione di glucosio elevata nel sangue) la quale aumenta lo stress ossidativo e la formazione di radicali liberi, che interagiscono distruggendo le cellule beta del pancreas, riducendo così la produzione di insulina e portandoci in pieno stato diabetico.
  • L'insulino resistenza: sappiamo anche che l'iperglicemia produce seri danni alla retina quando è presente da più di 20 anni.
  • L'insulino resistenza: altra conseguenza molto dannosa è la glicazione proteica non enzimatica delle proteine a lunga emivita (reazione di Maillard). L' insistenza su di una alimentazione ipercarboidrata, infatti, porta alla formazione dei prodotti terminali della glicazione avanzata (AGEs) che si legano a proteine importanti come il collagene, l'emoglobina, l'albumina, ecc. alterandone la funzione; in pratica gli zuccheri si legano alle proteine e funzionano come una colla, rendendo i tessuti rigidi e con funzionalità ridotta.
  • L'insulino resistenza provoca un aumento dei trigliceridi, una diminuzione del colesterolo HDL (buono) ed un aumento del colesterolo LDL (cattivo).
Quindi l'obesità centrale svolge anch'essa un ruolo chiave per l'iperglicemia, in quanto aumenta gli acidi grassi liberi (FFA), che verranno utilizzati dal muscolo al posto del glucosio, che resta in circolo causando iperglicemia. Inoltre il grasso viscerale produce TNF-α (Tumour Necrosis Factor-alpha: è una citochina pro-infiammatoria che viene sintetizzata da diversi tipi di cellule in risposta a stimoli infettivi o infiammatori), il quale può arrecare danno all'endotelio vascolare e causare aterosclerosi.
È evidente da questi dati che la modifica dello stile di vita gioca un ruolo fondamentale nella genesi della Sindrome Metabolica, come è fondamentale avvalersi dell'aiuto di figure professionali come Personal Trainer, Medico, in quanto la loro funzione di educatori oltre che tecnica, può essere di grande aiuto.

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