Metodologie d'allenamento nel bodybuilding
Metodologie d'allenamento nel bodybuilding
Distinguiamo innanzitutto i metodi dalle metodologie.
I metodi d'allenamento: sono delle vere e proprie scuole d'indirizzo, attraverso le quali alcuni grandi campioni o ei tecnici di fama mondiale hanno codificato un sistema d'allenamento. Un metodo racchiude in sé tutti i parametri dell'allenamento,e ci permette una visione a tutto tondo del "sistema" per raggiungere i nostri risultati. In un metodo sono raccolte le informazioni riguardanti la frequenza degli allenamenti, il volume del lavoro, la specificità delle metodologie usate, le tecniche specifiche da utilizzare, le divisioni muscolari, ecc. In alcuni casi il metodo si basa
solamente sull'esperienza personale del campione che lo ha utilizzato, rafforzato dalle testimonianze di ricercatori e/o di altri superdotati che hanno adottato metodi simili. In altri casi è stato possibile "testare" su migliaia di soggetti normodotati la reale efficacia del metodo stesso.
Le metodologie: sono delle indicazioni, a largo spettro, riguardanti un sistema d'allenamento che comprende più variabili. Una metodologia è quindi un modo di allenarsi, soggetto a delle variazioni dovute ai cambiamenti dei parametri del work-out nel contesto temporale della singola seduta. Vi sono delle metodologie che potrebbero costituire dei veri e propri metodi d'allenamento (infatti vengono applicate in molti di essi con priorità assoluta), se fossero introdotte in un arco temporale più ampio.
Le tecniche specìfiche: sono le cosiddette tecniche per aumentare l'intensità
dello sforzo, le abbiamo divise in due categorie:
- le tecniche d'intensità applicate alle serie: una serie è costituita da un numero di ripetizioni continue, eseguite fino ad esaurimento concen¬trico o attivo; è tuttavia possibile aumentare l'intensità dello sforzo profuso, al fine di ricercare una situazione di stress locale e generale superiore al normale - per sfruttare il successivo adattamento supercompensativo -, introducendo delle tecniche specifiche che prevedano un aumento della serie estensiva, ed allo stesso tempo intensiva, sommando l'effetto di più serie di ripetizioni eseguite consecutivamente
- le tecniche d'intensità applicate alle ripetizioni: le tecniche d'intensità applicate alle ripetizioni si basano sul principio di eseguire una o più ripetizioni, sviluppando un'esecuzione che si discosti da quella utilizzata nella "ripetizione perfetta". La differenza nella modalità di esecuzione può essere data sia da un aiuto esterno (partner o spinta), che da una variazione sul movimento di base (riduzione dell'ampiezza dell'arco di lavoro, suddivisione in più parti del movimento ecc).
I metodi d'allenamento: sono delle vere e proprie scuole d'indirizzo, attraverso le quali alcuni grandi campioni o ei tecnici di fama mondiale hanno codificato un sistema d'allenamento. Un metodo racchiude in sé tutti i parametri dell'allenamento,e ci permette una visione a tutto tondo del "sistema" per raggiungere i nostri risultati. In un metodo sono raccolte le informazioni riguardanti la frequenza degli allenamenti, il volume del lavoro, la specificità delle metodologie usate, le tecniche specifiche da utilizzare, le divisioni muscolari, ecc. In alcuni casi il metodo si basa
solamente sull'esperienza personale del campione che lo ha utilizzato, rafforzato dalle testimonianze di ricercatori e/o di altri superdotati che hanno adottato metodi simili. In altri casi è stato possibile "testare" su migliaia di soggetti normodotati la reale efficacia del metodo stesso.
Le metodologie: sono delle indicazioni, a largo spettro, riguardanti un sistema d'allenamento che comprende più variabili. Una metodologia è quindi un modo di allenarsi, soggetto a delle variazioni dovute ai cambiamenti dei parametri del work-out nel contesto temporale della singola seduta. Vi sono delle metodologie che potrebbero costituire dei veri e propri metodi d'allenamento (infatti vengono applicate in molti di essi con priorità assoluta), se fossero introdotte in un arco temporale più ampio.
Le tecniche specìfiche: sono le cosiddette tecniche per aumentare l'intensità
dello sforzo, le abbiamo divise in due categorie:
- le tecniche d'intensità applicate alle serie: una serie è costituita da un numero di ripetizioni continue, eseguite fino ad esaurimento concen¬trico o attivo; è tuttavia possibile aumentare l'intensità dello sforzo profuso, al fine di ricercare una situazione di stress locale e generale superiore al normale - per sfruttare il successivo adattamento supercompensativo -, introducendo delle tecniche specifiche che prevedano un aumento della serie estensiva, ed allo stesso tempo intensiva, sommando l'effetto di più serie di ripetizioni eseguite consecutivamente
- le tecniche d'intensità applicate alle ripetizioni: le tecniche d'intensità applicate alle ripetizioni si basano sul principio di eseguire una o più ripetizioni, sviluppando un'esecuzione che si discosti da quella utilizzata nella "ripetizione perfetta". La differenza nella modalità di esecuzione può essere data sia da un aiuto esterno (partner o spinta), che da una variazione sul movimento di base (riduzione dell'ampiezza dell'arco di lavoro, suddivisione in più parti del movimento ecc).
LE METODOLOGIE
La sottile differenza che separa un metodo da una metodologìa è alcune volte difficilmente individuabile. Oltre al vettore pubblicitario del metodo, generalmente costituito da un campione o da un tecnico di grande spessore, la principale diversità rispetto alla metodologia è probabilmente rappresentata dal maggiore arco temporale rivestito da quest'ultima. La metodologia offre delle indicazioni sull'allenamento con un obiettivo a breve o medio termine; all'interno di tale organizzazione possiamo trovare una o molteplici tecniche specifiche. Alcune metodologie di particolare spes¬sore possono essere considerate dei veri e propri metodi, e conseguentemente potrebbero essere in grado di soddisfare le richieste di un piano di lavoro a lungo termine
SFORZI RIPETUTI
L'utilizzo di carichi predeterminati, con i quali eseguire delle serie di ripetizioni, rappresenta una delle metodologie più antiche del body-building. Nonostante tale pratica fosse stata ben presto soppiantata dalla presunta scientificità del "piramidale", la sua validità le ha permesso di giungere sino ai nostri giorni. La specificità della metodologia degli "sforzi ripetuti" consiste nell'utilizzare un carico ben determinato, indicandone il numero massimo di ripetizioni da effettuare o meglio ancora fornendo la percentuale del massimale dell'esercizio, con il quale ripetere un certo numero di serie. L'entità del carico dovrà logicamente rientrare in un range di lavoro che costituisca uno stimolo ottimale per innescare i meccanismi legati all'aumento delle dimensioni del muscolo.
Applicare la metodologia degli sforzi ripetuti consente:
a) di potere calcolare l'entità del carico utilizzato (cioè la percentuale del massimale);
b) di diversificare gli stimoli allenanti specifici, inserendoli in sedute diverse;
e) di verificare, con una certa semplicità ed attendibilità, la validità di uno stimolo allenante, cioè l'entità di un carico usato in percentuale del massimale, rispetto ad un altro.
Nella pratica quotidiana dell'allenamento in palestra, quanto detto si traduce facilitando colui che compila la scheda d'allenamento, permettendogli di inviare uno stimolo ben determinato e facilmente periodizzabile.
In base al nostro principale obiettivo, cioè l'aumento delle dimensioni del muscolo, e non ad altre caratteristiche legate alla competizione di body-building, prendiamo in esame l'entità dei carichi da utilizzare nella metodologia degli sforzi ripetuti.
la modalità: carichi in % del massimale dell'85-90, massimo numero di ripetizioni possibili 6-2, recupero completo tra le serie, alto incremento della forza massimale (con carichi vicini al 90%), valido stimolo per l'aumento delle dimensioni (specialmente con carichi intorno all'85%).
2a modalità: carichi in % del massimale del 75-85, massimo numero dì ripetizioni possibili 10-6, recupero completo tra le serie, stimolo ottimale per l'aumento del volume muscolare.
3a modalità: carichi in % del massimale del 60-75, massimo numero di ripetizioni possibili 16-10, recupero incompleto tra le serie, ancora ottimo incremento delle dimensioni muscolari.
Il volume di lavoro, relativo al solo numero delle serie, sarà inversamente propor¬zionale al carico utilizzato in percentuale del massimale, quindi:
nella la modalità lavoreremo con un massimo di 6-8 serie;
nella 2a modalità lavoreremo con un massimo di 4-5 serie;
nella 3a modalità lavoreremo con un massimo di 2-3 serie.
I PIRAMIDALI
La metodologia classica del piramidale consiste nell'aumento del carico, durante il prosieguo delle serie di un esercizio, e nella contemporanea diminuzione delle ripetizioni; giunti ad un tetto massimo (che varia a seconda degli obiettivi da raggiungere) si incomincia la fase discendente, che comporta una diminuzione dei carichi ed un aumento delle ripetizioni. Ecco uno schema usato per la maggiore nel body-building.
1a serie 12 ripetizioni carico medio
2a sene 10 ripetizioni il carico aumenta
3a sene 8 ripetizioni il carico aumenta ancora
4a serie 6 ripetizioni ulteriore aumento del carico
5a sene 4 ripetizioni si aggiungono altri Kg al carico
6a sene 12 ripetizioni si utilizza un carico leggero
La differenza principale rispetto ai piramidali completi, utilizzati in molti altri sport, è data dal fatto che l'atleta di body-building non effettua una fase discendente completa - limitandosi ad eseguire una ultima serie caratterizzata da uno scarico del peso, che assume un valore dì "pompaggio" muscolare. Applicare un piramidale come quello sopra riportato, in una seduta d'allenamento con chiari intenti di aumento delle dimensioni muscolari, permette di facilitare il lavoro risolvendo una serie di problematiche.
Ci troviamo infatti di fronte ad una metodologia che ci consente di:
a) riscaldare e preparare gli apparati interessati dall'esercizio che andiamo ad
affrontare;
b) lavorare con vari range di ripetizioni;
e) dare una presunta scientificità al nostro allenamento.
Un'ulteriore accortezza tecnica ci impone di esaminare tre diverse modalità riguardanti i piramidali nel body-building.
1) Piramidale ascendente dì ripetizioni: si tratta dell'applicazione dello schema precedente. Ad ogni serie, l'aumento del carico corrisponderà ad una diminuzione delle ripetizioni. Come già detto, si tratta dell'applicazione della metodologia maggiormente utilizzata negli ultimi decenni: permette infatti di avvicinarsi alle serie da eseguire con i carichi più gravosi dopo un logico riscaldamento. Tuttavia al fine di ottimizzare lo stimolo allenante ricercato dal culturista, sarà opportuno lavorare nelle prime serie senza raggiungere l'esaurimento muscolare-ovvero l'incapacità di effettuare la fase concentrica del movimento -, usando un carico inferiore alle proprie capacità, infatti nel caso in cui si raggiungesse l'esaurimento concentrico nelle prime serie, composte da un numero di 12-10 ripetizioni, si verificherebbe un accumulo di acido lattico, a causa del lavoro troppo prolungato, che andrebbe a deconnettivare le
FTF compromettendo le serie successive. Va inoltre puntualizzato come l'indicazione del numero delle ripetizioni crei, in molti casi, un limite di base psicologico, oltre il quale molte volte il soggetto allenato non riesce ad andare. Per evitare il verificarsi di questa ultima ipotesi sarà conveniente utilizzare la seconda modalità.
2) Piramidale ascendente di carichi: utilizzando dei carichi prefissati, meglio se determinati in base alle percentuali del massimale, è possibile superare i limiti psico¬logici derivanti dall'indicazione del numero delle ripetizioni da eseguire, e quindi tirare ogni serie ad esaurimento concentrico. Ma vediamo l'esempio:
la serie 75%
2a serie 80%
3a serie 85%
4a serie 70%
massimo delle ripetizioni massimo delle ripetizioni massimo delle ripetizioni massimo delle ripetizioni
Non è tuttavia possibile ovviare all'accumulo dei metaboliti di scarico derivanti dal lavoro delle prime serie. A tale proposito l'aumento dei carichi, tra una serie e la successiva, non dovrebbe essere superiore al 5% del massimale; inoltre la differenza del carico utilizzato tra la prima e l'ultima serie, durante la fase di ascesa del piramidale, non dovrà essere eccessiva (10-15%). Una logica applicazione ci spinge a consigliare di rimanere accuratamente all'interno di un range lavorativo che interessi in maniera specifica, nei limiti delle possibilità fisiologiche, un metabolismo energetico ben delineato. È importante ripetere quale sia il principale "difetto" della metodologia del piramidale applicata all'obiettivo primario del body-building-. l'accumulo di acido lattico, prodotto nelle prime serie di lavoro composte da ripetizioni medioalte, blocca la contrazione delle fibre muscolari che dovranno eseguire il lavoro nelle serie successive, contraddistinte da ripetizioni più basse e carichi maggiori. La situazione venutasi a creare non impedisce solamente di poter lavorare con un piramidale ascendente di carichi (o di ripetizioni) per migliorare la forza massimale, ma deconnettiva le unità motorie specifiche (FTF) maggiormente ipertrofizzabili. Conseguente-mente il tentativo di "allargare" la piramide comporta l'inevitabile rischio di allonta¬narci dal nostro obiettivo.
La terza modalità rappresenta una valida soluzione per aggirare il problema.
3) Piramidale discendente di carichi o piramidale inverso: nonostante tale applicazione non sia la più usata, è l'unica che ci permette di ovviare al problema dell'acido lattico. Consiste nell'eseguire un protocollo di lavoro "inverso" rispetto alle
modalità sinora prese in esame:
Riscaldamento generale e specifico
la serie 85% massimo delle ripetizioni
2a serie 80% massimo delle ripetizioni
3a serie 75% massimo delle ripetizioni
4a serie 70% massimo delle ripetizioni
In questo modo potremo spingere ad esaurimento fin dalla prima serie, nella quale utilizzeremo un'alta percentuale di unità motorie; nelle serie successive la minore disponibilità dei muscoli di vincere la resistenza, sarà compensata dalla progressiva diminuzione del carico sull'attrezzo. Sarà inoltre possibile effettuare un'ultima serie ad alte ripetizioni, senza temere di creare un'acidità locale limitante ai fini del prosieguo dell'allenamento; in tale caso occorrerà tuttavia prendere attentamente in esame il lavoro specifico svolto dai principali gruppi muscolari deputati a svolgere l'esercizio, al fine di evitare di ritrovarsi, nel corso della seduta d'allenamento, con un muscolo già stanco.
SUPER-SLOW
II "Super-slow" è una metodologia che prevede una particolare forma di esecuzione, legata al tempo occorrente per completare una ripetizione. Vista in questi termini, la ripetizione super-lenta sembra accostarsi maggiormente ad una tecnica specifica, legata all'aumento dell'intensità, che interessa le ripetizioni. In realtà l'applicazione pratica delle ripetizioni stile "Super-slow", presenta talmente tante varianti, legate al tempo d'esecuzione del singolo movimento, da spingerci a considerare tale pratica come una metodologia vera e propria.
L'obbiettivo principale del "Super-slow" è quello di rendere il movimento il più difficile possibile, e conseguentemente più interessante ai fini del risultato da raggiungere. Ken Hutchinson consiglia di eseguire una singola ripetizione con una esecuzione del tipo:
fase concentrica (o positiva) 10";
fase eccentrica (o passiva) 5".
Sia Hutchinson che gli altri tecnici legati al "Super-slow", offrono esempi e presentano risultati a favore della loro metodologia. I guadagni ottenuti in termini di forza e sviluppo muscolare riportati in molti articoli sembrano attestare i benefici derivanti dal muoversi lentamente. Come abbiamo scritto nell'introduzione di questo capitolo, il "Super-slow" ci sembra più una tecnica da applicare in determinati periodi di una preparazione che non una metodologia da prendere in considerazione come base fissa dell'allenamento. Vanno tuttavia presi in considerazione i grandi vantaggi derivanti dali'eseguire le ripetizioni molto lentamente.
1) La possibilità di rendere l'esercizio più difficile da eseguire, requisito principale e di esclusivo dominio del culturista, che ricerca continuamente di creare una situazione dì distruzione muscolare, per supercompensare successivamente.
2) L'innegabile vantaggio di potere ridurre i rischi legati alle forme di esecuzione con slanci e spinte sconsiderate.
3) La facilitazione di eseguire gli esercizi in maniera controllata e pensata, diretta conseguenza di un movimento lento.
È possibile giungere gradualmente ad una forma di esecuzione del tipo 10-5", incrementando nel corso dei microcicli il tempo nel quale il muscolo resta sotto tensione. Se consideriamo infatti la cadenza d'esecuzione media di molti praticanti il body-building, senza prendere in esame alcune scellerate personalizzazioni nello stile lanciatore di pesi, ci possiamo rendere conto del tempo impiegato da molti per completare un movimento: circa 2 secondi. Purtroppo le esecuzioni del tipo "fase concentrica superveloce con slancio e precedente rimbalzo, seguita da una fase eccentrica inesistente nella quale il carico torna, grazie alla forza di gravita, immediatamente in basso", rappresentano la regola e non l'eccezione in molte palestre. Il "Super-slow" è quindi una valida soluzione, oltre ad essere un mezzo per il raggiungimento di maggiori dimensioni muscolari, per migliorare l'insegnamento ed il conseguente apprendimento dell'esecuzione ottimale degli esercizi.
POSITION OF FLEXION
Si tratta di una metodologia ideata da Steve Holman che si rifà intelligentemente alle teorie della scuola di Mike Mentzer, e presenta diverse modalità d'allenamento che comportano l'applicazione delia metodologia POF. Holman si basa sul concetto fisiologico secondo il quale ogni muscolo può essere lavorato utilizzando tre posizioni diverse:
a) una posizione intermedia, nella quale il massimo sforzo muscolare si realizza all'incirca a metà del movimento;
b) una posizione di allungamento estremo del muscolo lavorato, che si realizza in una fase dell'esercizio molto impegnativa, cioè nel momento che precede l'inversione di direzione del movimento (vale a dire il passaggio dalla fase eccentrica a quella concentrica);
e) una posizione di massima contrazione, che deve corrispondere al momento in cui il muscolo esprime il massimo sforzo.
Holman elenca tre gruppi di esercizi, che corrispondono alle posizioni di lavoro sopra riportate:
- gruppo di esercizi in posizione intermedia;
- gruppo di esercizi in posizione di allungamento;
Il cuore della metodologia POF, consiste nell'ìnserire all'interno della seduta gli esercizi dei tre gruppi, combinandoli tra loro secondo una logica ben precisa.
Secondo Holman occorre eseguire:
a) i movimenti in posizione intermedia, poiché consentono di utilizzare grossi carichi, grazie anche alle azioni sinergiche che comportano;
b) gli esercizi in posizione di allungamento, al fine di trarre un ulteriore vantaggio dal riflesso miotatico (il pre-stiramento);
e) i movimenti in posizione di contrazione, che consentono di realizzare una forte contrazione nella parte più gravosa dell'esercizio.
La metodologia POF fornisce delle valide indicazioni per il raggiungimento dell'obbiettivo principale di coloro che si avvicinano al body-building:
- eseguire un massimo di 2 serie (ad esaurimento concentrico) per esercizio, o una sola serie che preveda delle ripetizioni forzate (da utilizzare solo negli esercizi in posizione intermedia e di contrazione, mai in queili di allungamento) dopo il raggiungimento dell'esaurimento concentrico;
- non superare le 5 serie totali, 1 o 2 serie per ogni esercizio nelle varie posizioni;
- non eseguire più di 2 allenamenti la settimana per ogni gruppo muscolare;
- possibilmente inserire un giorno di riposo completo tra gli allenamenti.
Holman, nel suo testo, fornisce una serie di tabelle complete, che riportano l'anda¬mento delle sedute in particolari microcicli. L'autore si raccomanda affinchè vengano prese in considerazione le accortezze necessarie ad evitare il superallenamento. Tra i consigli di maggiore importanza, ricordiamo la particolare attenzione nell'eseguire gli esercizi in posizione di allungamento: occorrerà utilizzare dei carichi di media entità, e sfruttare una lieve accelerazione durante il passaggio dell'inversione del movimento.
POWER FACTOR TRAINING
Gli americani Peter Siscoe John Little sono gli autori del libro "Power factor training - Un approccio scientifico per l'aumento della massa muscolare". Nel loro testo pubblicizzano e promulgano la metodologia dell'allenamento fondato sull'applicazione dell'indice del fattore di potenza. Secondo i tecnici statunitensi è possibile ricondurre gli stimoli allenanti ad una ferrea applicazione della matematica.
Il concetto base della metodologia è quello di pensare in chilogrammi per minu¬to: soltanto l'aumento progressivo dell'indice di potenza, a detta degli autori del testo, può garantire un continuo miglioramento della forza e un aumento delle dimensioni muscolari. Nell'esportare in pratica quanto detto, dovremo considerare i chilogrammi sollevati nel corso di una serie ed il tempo impiegato per farlo. Appare evidente che compiere 20 ripetizioni, utilizzando un carico di 100 chili, in 60", comporta un indice del fattore di potenza superiore rispetto ad utilizzare lo stesso carico totale (Kg x ripetizioni) in un tempo superiore. L'affermazione appena riportata trova una valida logica soltanto se si tiene conto della teoria di Sisco e Little, i quali riconduco¬no l'efficacia dello stimolo allenante all'aumento del sovraccarico. Basando le fondamenta della loro metodologia esclusivamente sulla progressione dei carichi, i due tecnici ritengono inutile un'esecuzione degli esercizi ad ampiezza di lavoro completa. Gli inevitabili punti deboli, nell'arco di lavoro di una ripetizione completa, limiterebbero la possibilità di sollevare carichi elevati. Applicando una riduzione dell'arco di movimento della ripetizione, e lavorando quindi con delle ripetizioni parziali eseguite nell'arco più forte del movimento, è possibile sollevare carichi superiori, rispetto al lavoro ad ampiezza completa, e di conseguenza reclutare un maggiore numero di unità motorie. Gli autori garantiscono, presentando a favore della loro teoria un'infinità di formule matematiche, eccezionali risultati in termini di forza e volume muscolare.
Vediamo quali sono i parametri dell'organizzazione dì un piano di lavoro, secondo la metodologia di Sisco e Little.
- Si consiglia inizialmente una frequenza di lavoro impostata su una divisione in due unità d'allenamento (metà muscoli ogni seduta), da eseguire 3 volte la settimana intervallando ad ogni work-out un giorno di riposo; in seguito si ridurrà la frequenza con gradualità, fino ad arrivare a eseguire gli allenamenti a una distanza di 8, 10, 12 o più giorni.
- Il recupero tra le serie deve essere contenuto, deve tuttavia permettere di fare riprendere fiato al soggetto e consentire di fare smaltire in parte l'acido lattico.
- Utilizzare un ritmo di esecuzione relativamente veloce.
- Iniziare il programma eseguendo 2 serie di 20 ripetizioni per esercizio, in seguito le ripetizioni potranno diventare 30, 40 o anche più. Serie e ripetizioni andranno comunque modulate in modo da permettere un continuo aumento dei sovraccarichi.
- I carichi iniziali corrisponderanno al 70-90% del massimale dell'esercizio ad ampiezza completa.
John Little e Peter Sisco fondano quindi la teoria delia loro metodologia su due punti cardine:
- sollevare il maggiore carico, nel minore tempo possibile;
- utilizzare un movimento parziale, di pochi centimetri, nell'arco di lavoro più forte.
I due autori si scagliano inoltre, con una presa di posizione radicale, contro l'utilizzo di alcuni esercizi (come lo squat completo) denunciando, secondo loro, l'inutilità di alcune tecniche, quali il pre-exhaust.
STATIC CONTRACTION TRAINING
L'applicazione pratica di questa metodologia consiste nell'eseguire uno sforzo statico, effettuato nel tratto di movimento più forte, senza tuttavia raggiungere la posizione di blocco. Il cuore della teoria è racchiuso all'interno dell'affermazione che vuole l'intensità dell'alle¬namento altissima e la durata del lavoro ridotta drasticamente. L'allenamento con le contrazioni statiche è una lotta contro un carico da trattenere il più possibile.
Vediamo quali sono le modalità d'esecuzione e i principali parametri di questa metodologia.
- L'arco di movimento da utilizzare, nell'esecuzione di un esercizio, sarà quello che consente di esplicare la maggiore forza possibile.
- Una serie consiste nel trattenere immobile, o almeno nel tentare di farlo, il carico per un tempo compreso tra i 5 e i 15 secondi. Una volta superati i 15 secondi occorrerà aumentare il carico, all'inarca del 15-30%: in questo modo ritornere¬mo a trattenere il peso per 5". È importante mantenere la tensione sino all'incapacità muscolare.
- Si eseguirà una sola serie per esercizio, alla massima intensità.
- Gli allenamenti andranno intervallati abbastanza da ottenere un miglioramento in ciascuna sessione.
Il protocollo di esecuzione di una singola ripetizione (o serie che si voglia dire), consigliato dagli autori, è il seguente.
Esempio, lento avanti in piedi con il bilanciere al power-rack o al multy-power.
Bloccare i fermi del power-rack a 7,5-10 centimetri dalla misura in cui si raggiunge la completa estensione; mettersi sotto la sbarra in posizione eretta, con una presa di circa 8 centimetri superiore alla larghezza delle spalle; spingere il bilanciere verso l'alto, fino a raggiungere la completa estensione delle braccia; da questa posizione abbassare la sbarra fino a sbloccare i gomiti e mantenere tale posizione per un tempo che vada dai 5 ai 15 secondi.
LE TECNICHE D'INTENSITÀ' APPLICATE ALLE SERIE
Abbiamo deciso di dividere le tecniche specifiche per aumentare l'intensità in due categorie distinte.
1) Le tecniche applicate alle serie: nelle quali dopo avere espresso il massimo sforzo, quindi la massima intensità di lavoro nell'ambito di un range interessante ai nostri fini, quantificabile con l'esaurimento delle unità motorie necessarie a vincere la resistenza adottata sull'attrezzo (l'esaurimento concentrico, ossia il fallimento della ripe¬tizione completa), si continua a lavorare il muscolo prolungando la serie iniziale, senza variare il protocollo d'esecuzione delle singole ripetizioni.
L'aumento dell'intensità potrà avvenire in seguito a:
a) uno scarico del peso tra le serie;
b) l'esecuzione di uno, due o più esercizi consecutivamente e ininterrottamente (o con delle pause di riposo) secondo delle modalità ben precise;
e) il prolungamento della durata della serie grazie all'introduzione di recuperi specifici tra le ripetizioni;
d) una diminuzione del tempo di recupero in rapporto al tempo di lavoro.
2) Le tecniche applicate alle ripetizioni: in questo caso, dopo avere raggiunto l'esaurimento concentrico della serie, si continua a lavorare variando il protocollo d'esecuzione delle sìngole ripetizioni; è anche possibile adottare una forma d'esecuzione "particolare" dalla prima ripetizione della serie.
SUPERSET
L'applicazione pratica di questa tecnica, che potremo anche definire "superset antagonistici", per inserire una prima diversificazione rispetto alle varianti che vedremo successivamente, consiste nell'eseguire consecutivamente due esercizi che interessi¬no dei gruppi muscolari tra loro antagonisti:
-pettorali e dorsali;
-tricipiti e bicipiti;
— quadricipiti e posteriori della coscia.
Generalmente il superset si addice ai grossi gruppi muscolari o alle braccia.
L'applicazione classica dei superset, consistente nell'esecuzione di un esercizio per un gruppo muscolare (esempio i pettorali), seguito senza alcuna pausa di riposo da un esercizio per un gruppo muscolare opposto (esempio i dorsali), è fondata su una spiegazione logica. I test eseguiti in palestra hanno infatti dimostrato l'efficacia derivante dal peseguire un set pesante di un esercizio che preceda la serie pesante dell'esercizio di un muscolo opposto. Gli alzatori di potenza si sono resi conto dell'importanza di eseguire una serie impegnativa di rematore, prima della loro pesante serie di distensione su panca. I vantaggi derivanti dall’utilizzo dei superset, e delle varianti di questa tecnica, vanno ricercati in una serie di meccanismi fisiologici.
A) Il lavoro di un gruppo muscolare produce indirettamente una forma di prestiramento nel muscolo antagonista, mettendolo nelle condizioni ottimali per eseguire le forti contrazioni richieste dall'esercizio che si appresta a svolgere.
B) Il gruppo muscolare che lavora nel secondo esercizio risulta indirettamente riscaldato dall'esecuzione del primo movimento.
C) Il riscaldamento dell'articolazione in comune ai due gruppi muscolari allenati, nel caso delle braccia il gomito, è garantito dall'esecuzione di entrambi i movimenti che compongono il superset.
D) Il lavoro di un gruppo muscolare aiuta a fare recuperare più velocemente il suo antagonista.
E) Va infine sottolineata la sensazione di grande "pompaggio muscolare" che si riesce ad ottenere, specialmente se si utilizzano i superset nell'allenamento delle braccia.
Insieme a questi aspetti positivi, va comunque riscontrato un aspetto negativo dell'applicazione dei superset, riguardante le difficoltà, talvolta verificate, di mantenere la stessa concentrazione mentale che si aveva nel primo esercizio anche nell'esecuzione del secondo movimento. Il carico utilizzato è identico in entrambi gli esercizi, infatti la modalità di variare il peso (ad esempio, una prima serie pesante a basse ripetizioni, seguita da una seconda serie più leggera) fa parte di un'altra tecnica specifica
SUPERSET ALTERNATI - JUMPSET
Si tratta di una variante della tecnica dei superset, e si diversifica da questa soltanto nell'introduzione di una pausa di riposo predeterminata tra i due esercizi. Restano sostanzialmente invariate le caratteristiche principali dei superset applicati a due muscoli antagonisti. All'atto pratico l'atleta eseguirà una serie del primo esercizio (estensioni tricipiti con il bilanciere), e dopo una pausa di recupero di uno o più minuti compirà la serie del movimento successivo (curi con il bilanciere per i bicipiti). Anche se alcuni soggetti hanno riscontrato una minore sensazione di pompaggio muscolare, rispetto all'esecuzione del superset classico, vanno sottolineati una serie di vantaggi:
- vi è un minore affaticamento cardiovascolare, e conseguentemente si evita di rimanere in debito d'ossigeno (o almeno con il fiato corto) compromettendo l'esecuzione della superserie;
- si riesce a mantenere, se non addirittura in alcuni casi aumentare, i carichi sugli attrezzi che si usavano nelle serie semplici;
- è possibile modulare carichi e riposi ricercando stimoli diversi nella seduta o tra un allenamento e l'altro.
La possibilità di lavorare i due gruppi muscolari antagonisti alternativamente, sfruttando quindi i vantaggi di tale tecnica, e di inserire una pausa di recupero tra i due esercizi, ci permette di utilizzare grossi carichi consentendoci di evitare di "correre" nell'esecuzione del superset.
È importante ricordare che l'uso di tutte le tecniche d'intensità applicate alle serie, come nel caso dei superset e dei superset alternati, non comporta nessuna variazione nella tecnica d'esecuzione della singola ripetizione o delle ripetizioni che compongono una serie.
TRISET ALTERNATI
È il passo successivo, nella strada che conduce all'aumento dell'intensità, della tecnica dei superset alternati. La tecnica consiste nell'eseguire tre esercizi, riguardanti due gruppi muscolari antagonisti, secondo varie modalità. Sì tratta di una tecnica particolarmente efficace per l'allenamento delle braccia.
Prima modalità: si eseguono consecutivamente due esercizi per i bicipiti o i trici¬piti; dopo una pausa di un minuto si completa il triset alternato, eseguendo un movimento per i tricipiti o i bicipiti. Dopo un riposo di più minuti è possibile eseguire un secondo triset.
Seconda modalità: anche in questo caso si lavora con tre esercizi, inserendo però il movimento antagonistico tra gli altri due.
In questa seconda modalità della tecnica dei triset alternati, è possibile applicare tre varianti diverse:
la) si eseguono gli esercizi consecutivamente senza alcuna pausa tra loro-,
2a) si inserisce una breve pausa dopo ogni esercizio;
3a) si riposa dopo i primi due esercizi.
La prima variante è quella che soddisfa maggiormente le richieste legate alla ricerca dell'aumento delle dimensioni muscolari.
DOPPIA SERIE
La tecnica delle "doppie serie" consiste nell'effettuare consecutivamente due esercizi che interessano lo stesso gruppo muscolare. L'importanza di questa tecnica ai fini di incrementare l'intensità nel body-building è alquanto evidente. I vantaggi derivanti dall'uso delle doppie serie sono:
a) è possibile lavorare più fibre muscolari, attaccando il muscolo da due angola¬zioni;
b) si può ricercare un esaurimento delle unità motorie del muscolo bersaglio, sfruttando la possibilità di continuare a lavorare, interessando altre fibre muscolari ed altre sinergie, grazie all'inserimento del secondo esercizio dopo avere raggiunto l'esaurimento concentrico nel primo movimento,
La tecnica delle doppie serie trova una valida applicazione su tutti i gruppi muscolari. È possibile agire secondo varie modalità.
Prima modalità: si lavora con due esercizi complessi che presentano uno schema motorio simile:
- distensioni su panca inclinata con il bilanciere;
- distensioni su panca inclinata con i manubri.
Seconda modalità: si usano due esercizi complessi con schemi motori diversi tra loro:
- tirate avanti al lat-macfiine,
- rematore al pulley basso.
Terza modalità: si utilizzano due esercizi semplici:
- alzate laterali con ì manubri;
- alzate laterali alla macchina.
Quarta e quinta modalità: si alterna un esercizio complesso ad uno semplice, o vice¬versa.
Appare ovvio che si tratta di una tecnica particolarmente impegnativa: non solo da un punto di vista legato al carico locale sul muscolo, quanto soprattutto al notevole stress generale che può verificarsi in seguito al volume di lavoro generato da due esercizi complessi eseguiti consecutivamente - in particolar modo se riguardanti dei grossi gruppi muscolari (vedi le gambe).
TRIPLA SERIE
Abbiamo già visto, nell'analisi dei triset alternati, come si possano utilizzare tre esercizi diversi nell'allenamento del body-building. La tripla serie rappresenta il successivo aumento dell'intensità rispetto alle tecnica precedente. Si tratta di eseguire tre esercizi, che interessano il solito gruppo muscolare, senza alcun riposo tra loro. Gene¬ralmente completata la tripla serie si riposa un minuto e quindi si ricomincia. La versione originale di questa tecnica prevede le seguenti modalità d'esecuzione:
- carichi medio-leggeri;
- da 8 a 12 ripetizioni per ogni esercizio;
- tensione costante senza soste nel movimento.
Il fine principale è quindi quello di ricercare un profondo pompaggio, ed un esau¬rimento delle fibre del muscolo in seguito ad un lavoro svolto da più angolazioni. A causa dell'evidente accumulo di prodotti di scarto, è consigliabile non eccedere nel numero totale delle triple serie (alcuni tecnici sconsigliano di superare le tre triple serie). Da un punto di vista pratico non è conveniente eseguire gli esercizi usando grossi carichi a basse ripetizioni.
La tecnica delle triple serie può essere applicata su tutti i principali gruppi muscolari; occorrerà tuttavia modularne attentamente l'introduzione nelle tabelle dei meno dotati, al fine di evitare di creare delle situazioni di distruzione cellulare difficilmente compensabili. La scelta degli esercizi da utilizzare dovrà soddisfare principalmente la logica del lavoro sul muscolo da più angolazioni. Gli esercizi che compongono la tripla serie dovranno quindi essere, nei limiti del possibile, diversi tra loro.
SERIE GIGANTE
Definita anche "serie composta", rappresenta l'estremizzazione dell'aumento dell'intensità del lavoro raggiunto tramite l'incremento della durata. Si tratta di eseguire consecutivamente quattro o anche cinque esercizi per il solito gruppo muscolare; dopo un breve riposo si potrà ripetere la serie gigante. Un allenamento per un gruppo muscolare può essere formato da un massimo di tre serie giganti.
Si tratta indubbiamente di una metodica estrema, che impegna non solo dal punto di vista muscolare ma anche da quello cardiocircolatorio. Chiaramente riservata agli atleti di alto livello va sconsigliata ai meno dotati. I carichi da utilizzare saranno necessariamente medio-leggeri.
STRIPPING
È una delle tecniche più efficaci, allo scopo di aumentare l'intensità, e allo stes¬so tempo più dure e pericolose. . La tecnica dello stripping ("strisciare via") è conosciuta con varie definizioni: "triple drop sets" o "serie a tripla diminuzione", "serie discendenti", "serie regressive". Si diversifica dalie tecniche sino ad ora prese in esame (superset, doppia serie, ecc), per la particolarità di essere legata all'esecuzione di un solo esercizio. Giunti ad esaurimento concentrico si prolunga infatti la serie non in seguito all'esecuzione consecutiva di un altro esercizio, ma grazie ad una riduzione del carico sull'attrezzo. Le modalità d'esecuzione della tecnica dello stripping sono le seguenti:
1 ) si seleziona un carico sull'attrezzo che permetta di eseguire dalle 4 alle 8 ripetizioni;
2) si spinge sino a raggiungere l'esaurimento attivo;
3) nel minore tempo possibile, grazie all'aiuto di uno o più partner, si riduce il
carico di un 10-20% e si riprende a spingere;
4) giunti nuovamente ad esaurimento si scarica di un ulteriore 10-15%;
5) senza sosta alcuna si raggiunge nuovamente l'esaurimento attivo.
Affinchè la tecnica dello stripping venga correttamente applicata occorre:
a) ridurre al minimo (teoricamente non vi dovrebbe essere neanche un secondo di recupero) il tempo necessario per effettuare lo scarico del peso;
b) eseguire un lavoro continuo indipendentemente dalle "strippate", comportan¬dosi quindi come se si stesse eseguendo una unica serie ad esaurimento.
Generalmente si effettuano due scarichi dal peso iniziale, è tuttavia possibile continuare a togliere peso sino a non essere più in grado di sollevare neanche la sola asta del bilanciere. Appare evidente come questa tecnica associ ad un'altissima efficacia, in qualità di stimolo specifico allenante, una pericolosità unica. È possibile infatti, anche per un atleta non avanzato, giungere ad esaurimento totale, una situazione non certo consigliabile a chiunque voglia ottenere dei risultati. Il doppio scarico (da qui la definizione di "triple drop set"), appare il giusto compromesso nell'applicazione di una tecnica che può "bruciare" anche il culturista più esperto.
Lo stripping si adatta a tutti gli esercizi del body-building, e può quindi essere inserito nell'allenamento specifico di ogni gruppo muscolare. Si consiglia generalmente di utilizzare un carico medio-alto nella prima serie, in modo da mettere in azione un elevato numero di unità motorie; quando l'esaurimento di alcune di queste non permetterà più il completamento della ripetizione si attuerà il primo scarico del peso. Proseguendo la serie, che comporterà una successiva diminuzione del carico, si cercherà di esaurire il maggior numero di unità motorie.
Nonostante lo stripping sìa facilmente applicabile a tutti gli esercizi, occorrerà potere contare sulla disponibilità e sensibilità di uno o più partner, che dovranno "tirare via" i dischi dal bilanciere rapidamente e contemporaneamente (e possibilmente senza causare dei pericolosi sbilanciamenti dell'attrezzo). L'utilizzo dei macchinari dotati di selettori del peso permetterà di evitare l'inconveniente derivato dall'uso dei pesi liberi. Lavorando con tre coppie di manubri, opportunamente posizionati, è possibile ovviare al problema legato all'ausilio dei partner, tuttavia bisognerà evitare di affannarsi nel posare ed afferrare gli attrezzi, per non correre il rischio di perdere la lucidità e la concentrazione necessarie.
L'intensità della tecnica dello stripping è tale da consigliare una opportuna riduzio¬ne del volume di lavoro. Vista la situazione di esaurimento dei fosfati e l'accumulo di metaboliti di scarto, è conveniente utilizzare tale tecnica nell'ambito della singola seduta d'allenamento in base alle seguenti indicazioni:
1 ) introdurre le serie con lo stripping dopo il lavoro a basse ripetizioni ed alti carichi, mai il contrario;
2) se l'unità d'allenamento prevede il lavoro di più gruppi muscolari, evitate di applicare la tecnica dello stripping negli esercizi complessi - soprattutto se questi comportano l'intervento di un muscolo che andrete ad allenare nel prosieguo della seduta. Utilizzate in questo caso un movimento semplice, che sia quindi realizzabile dal muscolo principale senza aiuti in sinergia.
SERIE PESANTE-LEGGERO
Si tratta di una tecnica molto impegnativa, grazie alla quale è possibile incrementare l'intensità del lavoro raggiungendo un alto livello dello sforzo. Consiste nell'eseguire una serie ad esaurimento con un carico elevato ed un range lavorativo da un minimo di 4 ad un massimo di 6 ripetizioni; raggiunto l'esaurimento concentrico si scaricherà del 20-30% il peso sull'attrezzo e si continuerà a spingere fino ad esaurimento, producendo dalle 6 alle 10 ripetizioni. È importante ridurre al minimo il tempo di sosta tra le due serie, cercando in teoria di effettuare un'unica serie, comprendente uno scarico del peso, ininterrotta. Lo scopo della prima parte della serie, cioè la serie pesante, è quello di reclutare un grande numero di fibre bianche e cercare di esaurirle. Con la seconda parte della serie, quella effettuata dopo lo scari¬co del peso, sarà possibile continuare a lavorare le fibre non esauste portandole ad esaurimento. Risulta determinante lo scarico del peso sull'attrezzo, che dovrà essere tale (dal 20 al 30% del carico iniziale) da permettere di protrarre il lavoro per il tempo necessario, dalle 6 alle 8 ripetizioni, ad esaurire le disponibilità energetiche delle fibre interessate. L'applicazione corretta della tecnica della serie pesante-leggera, da non confondere con le routine pesante-leggero (nelle quali si abbinano degli esercizi con carichi elevati, seguiti da altri con carichi leggeri), prevede l'utilizzo di un unico esercizio. È tuttavia possibile sovrapporre lo stimolo di due tecniche specifiche, applicando le modalità di lavoro della serie pesante-leggero alla doppia serie.
PRE-EXHAUST
Il pre-exhaust nasce in seguito all'esigenza del suo ideatore, Robert Kennedy, non solo tecnico ma anche convinto body-builder, di riuscire ad allenare in maniera ottimale i muscoli deltoidi. Kennedy si accorse di non riuscire ad affaticare i muscoli delle spalle, e conseguentemente ad accrescerne il volume, nonostante eseguisse svariate forme di distensioni verso l'alto. Da qui nasce l'idea della necessità di "stancare" precedentemente il deltoide. L'applicazione pratica del pre-exhaust, definito anche "pre-stancaggio", "pre-esaurimento" o "precongestione", prevede una modalità ben definita.
Vediamo come esempio la tecnica del pre-exhaust applicata all'allenamento dei muscoli pettorali:
1°) si esegue un esercizio semplice, le croci su panca orizzontale (un movimento realizzato solamente dal lavoro del pettorale);
immediatamente seguito da:
2°) un esercizio complesso, le distensioni su panca orizzontale con i manubri (nel quale il lavoro muscolare è svolto dal pettorale con l'aiuto dei deltoidi e dei tricipiti).
L'abbinamento di un movimento semplice seguito senza sosta da uno complesso, cioè la tecnica del pre-exhaust, consente di aumentare l'intensità del lavoro sul muscolo bersaglio (nel caso sopra riportato i pettorali). L'idea di Kennedy parte dal logico presupposto che un movimento complesso è realizzato grazie alla somma delle forze di più gruppi muscolari; nell'esempio della distensione su panca i pettorali sono coadiuvati dai deltoidi e dai tricipiti, di conseguenza è possibile che uno dei due grup¬pi muscolari che aiutano il pettorale a vincere la resistenza esaurisca le proprie dispo¬nibilità energetiche, impedendo di proseguire la serie e quindi di esaurire ì fosfati delle fibre del pettorale. L'affaticamento non previsto di uno dei muscoli che "assistono" il pettorale, è da attribuirsi generalmente ad una o più delle seguenti cause:
- una incapacità di compiere l'esercizio lavorando con l'ampiezza ottimale, legata aproblemi strutturali e/o a insufficienze nella mobilità articolare che possono spostare il gioco delle leve articolari a favore dei deltoidi;
- una carenza costituzionale che limita le capacità energetiche del tricipite;
- una cattiva impostazione del microciclo, che non tiene conto delle capacità di recu¬pero di un gruppo muscolare (ad esempio: il deltoide, già impegnato direttamente o indirettamente nei giorni precedenti);
- l'inevitabile ruolo di "anello debole" della catena cinetica delle distensioni su panca.
Ricorrendo al pre-exhaust è quindi possibile ovviare a dei limiti fisici personali, che impediscono di utilizzare degli esercizi considerati adatti a tutti gli individui. Ma non solo, possiamo infatti inserire questa intelligente tecnica per migliorare ulteriormen¬te la qualità del nostro workout, vediamo in quali casi.
1) Per aumentare l'intensità dello stimolo della qualità che ricerchiamo, l'aumento delle dimensioni muscolari, ricorrendo all'abbinamento consecutivo dell'esercizio semplice seguito da quello complesso. Otterremo un iniziale abbassamento dei fosfati delle fibre del pettorale, eseguendo le croci su panca orizzontale; dopo essere giunti al cedimento in questo esercizio continueremo ad esaurire le fibre del nostro pettorale ricorrendo all'esercizio di distensione con i manubri. Nel secondo movimento sfrutteremo la maggiore freschezza dei deltoidi e dei tricipiti per continuare a spingere, ricercando una ulteriore deplezione dell'ATP del pettorale.
2) Per aggirare i problemi connessi all'utilizzo dei grossi carichi in certi esercizi. La deplezione dei fosfati causata dal movimento semplice comporterà una diminuzione del carico sull'attrezzo nel secondo esercizio, che avremmo usato normalmente se non avessimo applicato il pre-exhaust. È possibile quindi limitare i rischi legati al peso eccessivo causato da alcuni esercizi sul sistema osteoarticolare, senza peraltro rinun¬ciare all'intensità dell'allenamento. Una logica modalità d'applicazione della tecnica del pre-exhaust sarà la seguente: 1° esercizio semplice - utilizzare un carico con il quale si raggiunga l'esaurimento concentrico intorno alla 8a ripetizione;
immediatamente seguito da:
2° esercizio complesso - utilizzare un carico che permetta di eseguire 5-6 ripetizioni prima dì giungere al cedimento.
È importante evitare di correre tra un esercizio e l'altro, perdendo così in concen-trazione e producendo scariche di adrenalina inutili a! body-builder. L'indicazione che vede i due esercizi eseguiti consecutivamente e senza sosta, trova una logica ai fini di impedire una resintesi dell'ATP; abbiamo però già visto come il tempo necessario per reintegrare i fosfati si aggiri nell'ordine di vari minuti, quindi non sarà certo una pausa di qualche secondo a compromettere la validità della tecnica. Non dobbiamo invece perdere di vista l'obiettivo del body-builder, che ci vede legati indissolubilmente ad un lavoro di esaurimento delle fibre muscolari, e non al concetto di sincronizzazione e reclutamento tanto caro a chi cerca una prestazione quantificabile in chilogrammi sollevati.
Occorre precisare, anche se è facilmente intuibile, che la tecnica del pre-exhaust si adatta particolarmente bene a quei gruppi muscolari che comportano una esecuzione di esercizi complessi caratterizzati dall'azione di più gruppi muscolari in sinergia.
POST-EXHAUST
Generalmente non si utilizza la tecnica post-exhaust, ma una routine post-exhaust -nella quale all'esercizio complesso viene fatto seguire il movimento semplice. È tuttavia possibile applicare una modalità esattamente opposta a quella vista per la tecnica pre-exhaust. In questo caso eseguiremo una doppia serie, utilizzando come primo esercizio un movimento complesso, immediatamente seguito da un esercizio semplice. Purtroppo l'applicazione pratica, inserita nel contesto dell'allenamento di un culturista, presenta degli svantaggi. Ci troveremo infatti ad allenare, con il secondo esercizio (quello semplice), un muscolo già notevolmente esaurito dal lavoro svol¬to con l'esercizio complesso. Il secondo esercizio verrà quindi affrontato in un momento nel quale il muscolo bersaglio è già esaurito. In soggetti con difficoltà ad isolare un particolare muscolo, i quali troveranno un logico vantaggio dall'applicazione della tecnica del pre-exhaust, l'utilizzo del post-exhaust appare pressoché inutile.
Nei soggetti in grado di lavorare in maniera ottimale il muscolo target, grazie all'esercizio complesso, l'esecuzione consecutiva del secondo movimento trova una sua validità - non tanto in quanto tecnica specifica, ma in funzione di doppia serie, attra¬verso la quale è possibile, variando l'angolo di lavoro delle fibre interessate e sfruttando eventualmente ulteriori sinergie (consideriamo che in teoria non è possibile eseguire un esercizio di bodu-buiìding utilizzando un solo muscolo), riuscire a prolungare la serie portando ad esaurimento ulteriori fibre. In definitiva la tecnica del post-exhaust ci sembra una buona variante della tecnica già vista delle "doppie serie", dalla quale non ci aspetteremo tuttavia un grande incremento dell'intensità.
RIPETIZIONI CON PAUSE
È una tecnica che basa la sua validità sul fatto di consentire all'atleta di recuperare parzialmente durante l'esecuzione della serie, inserendo una pausa tra le ripetizioni. Durante il lavoro ad alte ripetizioni si introduce una pausa di alcuni secondi (10-15), che permette al soggetto di:
- recuperare l'eventuale debito d'ossigeno causato dall'esecuzione dell'esercizio, una situazione che si può verificare nei movimenti complessi quali lo squat. Una volta pagato parte del debito è possibile continuare la serie. In questo modo l'affaticamento respiratorio non influenzerà più di tanto la possibilità di esaurire le fibre muscolari; favorire lo smaltimento dell'acido lattico, prodotto dal lavoro effettuato, in modo da consentire di continuare la serie.
- riprendersi mentalmente e riacquistare la concentrazione necessaria per proseguire in maniera fruttuosa.
REST-PAUSE
La versione classica del resi-pause prevedeva il seguente modulo di esecuzione.
Utilizzando un power-rack, si lavorava con un carico sul bilanciere pari al 90% del massimale. Con tale carico si eseguiva una ripetizione in stile perfetto, dopo di che si riponeva l'attrezzo sul power-rack; trascorsa una pausa di 10-15" si eseguiva una seconda ripetizione. Si proseguiva con le singole ripetizioni alternate dalle pause di riposo, finché non si raggiungeva un totale di 6-10 movimenti.
Appare subito evidente come tale tecnica consenta di utilizzare grossi carichi, con i quali è anche possibile eseguire, grazie alle opportune pause, svariate ripetizioni. La possibilità di lavorare con pesi vicini al massimale, con i quali si faranno più ripetizioni, impone un'attenzione particolare da rivolgere alla fase del riscaldamento generale e specifico. Sarà inoltre molto importante mantenere uno stile d'esecuzione perfetto delle singole ripetizioni, cercando di non farsi sopraffare dal desiderio di ricorrere ad uno stile "aiutato" - situazione che si può verificare specialmente nelle ultime ripetizioni della serie, quando la deplezione dei fosfati e l'affaticamento neuromuscolare renderanno difficile completare il movimento. La tecnica del rest-pause viene generalmente applicata ai movimenti complessi, i cosiddetti "costruttori di massa muscolare". Il motivo di questa scelta è probabilmente da attribuire alla data di nascita di questa tecnica: gli anni 50, un periodo storico nel quale il body-buiding e l'allenamento per la forza rappresentavano un connubio inscindibile. L'applicazione del rest-pause sembra d'altronde adattarsi perfettamente a quei movimenti che richiedono un grande dispendio energetico, a causa delle dimensioni dei muscoli interessati dall'esercizio. A tale proposito va ricordato come nell'esercizio di squat la pausa tra le singole ripetizioni potrà essere aumentata fino a 20-30". È necessario puntualizzare l'importanza di utilizzare una attrezzatura adatta, cioè il power-rack o appositi appoggi come quelli dello squat o dei macchinar! specifici. Infatti durante la pausa di riposo tra le singole ripetizioni, il carico non deve assolutamente gravare né sulla muscolatura né sull'apparato scheletrico; si correrebbe altrimenti il rischio di non sfruttare a pieno il tempo della pausa di recupero.
La tecnica rest-pause consiste quindi nell'eseguire delle singole ripetizioni, intervallate da pause di recupero predeterminate, sino al completamento della serie. Con il tempo si sono venute a determinare varie modalità di applicazione di questa tecnica.
la) Caricate l'attrezzo con il 90% del massimale ed eseguite la prima ripetizione completa, quindi posate l'attrezzo e riposate 10-15"; a questo punto ripetete la ripeti¬zione continuando ad alternare le pause di riposo ai movimenti, sino al termine della serie, che può anche essere protratta ad esaurimento concentrico.
2a) Caricate l'attrezzo con il 90-95% del massimale ed eseguite la prima ripetizione singola, quindi introducete una pausa di recupero molto lunga, da 1 a 5 minuti -come consigliato dai tecnici Tony Ditillo e Malcom Watson sulla rivista "Iron Man' -, dopodiché eseguite la seconda ripetizione; l'anzianità dell'allenamento influenzerà il numero delle ripetizioni totali da compiere che andranno dalle 2 alle 10.
3a) Caricate l'attrezzo con un peso inferiore al massimale ma superiore a quello che con il quale siete in grado di eseguire due ripetizioni. Effettuate una ripetizione singola completa, durante la pausa di riposo due partner effettueranno uno scarico del peso circa del 5%; compiete nuovamente la ripetizione e nel recupero tra le serie continua¬e nella riduzione del carico sull'attrezzo. Completate la serie con un totale di 5-6 ripetizioni singole. Si tratta dell'applicazione di due tecniche abbinate, lo stripping ed il rest-pause.
4a) Caricate l'attrezzo con P80% del massimale, eseguite una singola ripetizione con una velocità molto lenta, impiegando 10-15" nella fase eccentrica; dopo una pausa di 15-30" ripetete la singola ripetizione per un totale di 5-6 movimenti. È la combinazio¬ne della tecnica del rest-pause con l'accentuazione della fase negativa (o eccentrica o passiva).
5a) Caricate sull'attrezzo P80% del vostro massimale, posizionatevi all'interno di un power-rack regolando un fermo nella posizione bassa (ad esempio, se eseguite le distensioni su panca il fermo basso sarà a pochi centimetri dal petto) e un fermo in una posizione più alta (nel caso delle distensioni su panca il secondo fermo andrà posizionato 20-25 centimetri sopra il petto), quindi sollevate il bilanciere verso l'aito e una volta toccato il sostegno continuate a spingere applicando il massimo sforzo in regime isometrico per 10-15 secondi. Dopo avere completato la singola ripetizione, riportando il bilanciere in basso, riposate 15-30". Ogni serie sarà composta da un massimo di 5-6 ripetizioni totali. In questa modalità d'esecuzione abbiamo associato la tecnica del rest-pause a quella del regime di contrazione isometrico dopo sforzo concentrico.
6a) Nel lontano 1963 Perry Reader, sempre dalle pagine della rivista "Iron Mari', esaltò l'abbinamento della tecnica del rest-pause con le ripetizioni 1 e 1/2. Si tratta di eseguire delle singole ripetizioni, intervallate dalle pause di riposo, attenendosi alle modalità d'applicazione della forma classica del rest-pause. Ad ogni ripetizione verrà applicata una tecnica d'intensità che ne modifica l'esecuzione: in pratica, si tratta di eseguire una ripetizione parziale - mezza ripetizione o un quarto - da introdurre o nella parte finale della fase attiva del movimento oppure nella parte intermedia, dopo avere compiuto la ripetizione completa. A questo proposito, rimandiamo il lettore alla lettura dei paragrafi sulle tecniche specifiche delle ripetizioni parziali.
7a) Si tratta di una modalità denominata dal tecnico Ditillo "power body-building". Si carica il bilanciere con un peso che permetta di eseguire una serie di 5-6 ripetizioni, prima di raggiungere il cedimento; quindi si introduce la tecnica del rest-pause. Le ripetizioni singole, da inserire dopo il cedimento della serie tradizionale, dovranno essere da 3 a 5, con delle pause di riposo tra ogni movimento di 20-30".
Questa ultima modalità è la più intensa delle tecniche rest-pause, dal punto di vista del body-builder, e si differenzia dalle altre perché permette di continuare a lavorare (grazie alle pause di riposo), un grande numero di fibre muscolari che hanno già raggiunto l'esaurimento. L'esecuzione delle altre modalità risulta validissima al fine di reclutare e sincronizzare una grande percentuale di unità motorie; inoltre, introdu-cendo le opportune pause tra le singole reps, possiamo ripristinare I'ATP cercando di ripetere la prestazione della precedente ripetizione. Alcune obiezioni sorgono spon¬tanee in riferimento alla difficoltà di riuscire a esaurire le fibre muscolari reclutate: infatti, vista l'entità del carico utilizzato, molto probabilmente si raggiunge il cedimento non tanto per l'esaurimento dei fosfati della gran parte delle fibre muscolari, quanto a causa dell'impossibilità di continuare a realizzare il movimento da parte di un muscolo che abbia esaurito tutte le unità motorie reperibili. La tecnica, nelle modalità la, 2a, 3a e 4a, trova comunque una indubbia validità come stimolo allenante della forza massimale, consentendo di migliorare le capacità di sincronizzazione e reclutamento delle unità motorie, nonché di allenare la coordinazione intermuscolare ed intramuscolare.
SERIE INTERROTTA
È una ulteriore variante delle numerose tecniche che prevedono l'interruzione della serie, in un momento precedentemente determinato, al fine di aumentare l'intensità del lavoro specifico. Si tratta, finalmente, di una tecnica che vanta una paternità italiana. Il suo ideatore è infatti il dott. Filippo Massaroni, "Mister Universo" NABBA 1981 e fondatore della NABBA-ltalia. Basandosi sulle teorie scientifiche dei meccanismi che provocano l'aumento della massa muscolare, il dott. Massaroni ha sviluppato una tecnica d'allenamento che trova una logica applicazione per i body-builder e per tutti coloro che vogliono aumentare sia la massa muscolare che la forza. Massaroni parte dall'osservazione che per innescare i processi legati alla crescita muscolare occorre creare delle situazioni particolari di esaurimento cellulare. Il body-builder deve ricercare:
- un sollecitazione del sistema dei fosfati, l'ATP-CP;
- l'intervento del sistema lattacido, senza tuttavia superarne le capacità;
- una situazione meccanica e metabolica che porti ad un blocco della contrazio¬ne muscolare.
Tutto ciò deve verificarsi principalmente a carico delle fibre rapide o bianche, quelle cioè maggiormente ipertrofizzabili, e di conseguenza richiede l'utilizzo di carichi consistenti (dal 65% all'85% del massimale).
Massaroni pone in evidenza l'opportunità di eseguire un lavoro al massimo delle capacità del sistema glicolitico, ma che non ne esaurisca le capacità. Nella pratica il carico deve consentire un lavoro che permetta di creare una situazione fisiologica tale da innescare la successiva crescita muscolare: quindi 12-15 ripetizioni senza interruzioni, eseguite con un carico che necessiti dell'intervento di molte unità motorie bianche. L'inevitabile problema di questa modalità di lavoro è data dall'accumulo dell'acido lattico, che come già detto in precedenza disattiva le unità motorie impegnate nell'esecuzione della serie. Da questa basilare realtà nasce la tecnica della "serie interrotta" del dott. Massaroni. L'utilizzo di un carico ottimale, in una serie tirata ad esaurimento, comporta l'accumulo d'acido lattico; vi è quindi la necessità di ricercare un esaurimento delle unità motorie, raggirando una situazione di acidificazione del muscolo (conseguenza prima dell'acido lattico) che provocherà un blocco della contrazione. Il dott. Massaroni consiglia a questo proposito un protocollo d'esecu¬zione ben preciso:
- usare una resistenza dell'80% del massimale;
- eseguire con tale carico 5 ripetizioni (ai posto delle 8-9 ripetizioni che saremmo stati in grado di fare spingendo la serie ad esaurimento);
- recuperare 15-20", il tempo necessario a ricostituire parte dell'ATP (nell'ambito del meccanismo del creatin fosfato);
- compiere nuovamente una serie, con lo stesso carico, di 5 ripetizioni;
- recuperare 15-20";
- ripetere una serie, con lo stesso carico, ad esaurimento (molto probabil¬mente non si riusciranno ad eseguire 5 ripetizioni);
- recuperare 15-20";
- ripetere l'ultima serie, con lo stesso carico o eventualmente riducendolo quanto basta, ad esaurimento.
Tutto questo rappresenta una serie con la tecnica della serie interrotta.
Dopo una pausa di 3-4 minuti eseguirete un'altra serie.
Il fine è quindi quello di riuscire ad attivare un alto numero di unità motorie bianche e ricercarne l'esaurimento, innescando i meccanismi metabolici ed ormonali legati alfa crescita muscolare, prima che l'accumulo dei prodotti di scarto provochi un blocco della contrazione muscolare.
La specificità di questa tecnica e l'elevata intensità del lavoro che comporta, spingono a consigliarne un uso accorto ed un inserimento, nell'ambito dell'organizzazione di un piano di lavoro a lunga scadenza, in una fascia di alta specializzazione della stagione. Lo stesso Massaroni consiglia di non superare le 2 serie interrotte, all'interno di una singola unità d'allenamento che preveda un carico di due esercizi per grup¬po muscolare, in un microciclo che vede ogni muscolo allenato due volte nell'arco di 7 giorni. Risulterà opportuno inserire la tecnica della serie interrotta inizialmente solo al primo esercizio, riservando l'applicazione anche al secondo movimento solo in un altro periodo, come nel mesociclo successivo.
Sarà quindi molto importante agire con cautela e gradualità. È inoltre possibile abbinare la tecnica del dott. Massaroni a quella dello stripping: quest'ultima tecnica andrà applicata solamente nella serie finale del lavoro sul muscolo allenato. In questo modo potremo sfruttare le risposte dei sistemi ormonali, causate dall'acidificazione del muscolo, senza incorrere nell'inconveniente causato dalla disattivazione delle unità motorie. Di particolare importanza risulta essere la scelta dell'esercizio al quale applicare la tecnica dello stripping, che dovrà essere rigorosamente un movimento semplice (o come lo definisce Massaroni "monoarticolare") al fine di evitare di compromettere, eventualmente, il successivo lavoro su altri gruppi muscolari.
RIPETIZIONI CUMULATIVE
Una modalità d'applicazione molto semplice delle "ripetizioni cumulative" è la seguente:
- selezionate un carico che vi consenta di eseguire una serie dì 8-10 ripetizioni prima di raggiungere l'esaurimento attivo (circa il 75% del massimale);
- con tale carico eseguite una ripetizione;
- riposate 10 secondi;
- con lo stesso carico effettuate 2 ripetizioni;
- riposate 10 secondi;
- con lo stesso carico effettuate 3 ripetizioni;
- riposate 10 secondi;
- con lo stesso carico fate 4 ripetizioni;
- riposate 10 secondi;
- effettuate 5 ripetizioni;
- riposate 10 secondi.
Continuate ad aumentare una ripetizione ogni miniserie, sempre alternando 10 secondi di riposo e senza diminuire il carico sull'attrezzo. La serie finisce quando non sarete in grado di eseguire una ripetizione in più rispetto alla miniserie precedente. Nel caso vi fermiate alla miniserie composta da 7 ripetizioni, dopo avere fallito l'ottava, avrete eseguito un totale di 35 ripetizioni con un carico che vi consente al massimo di effettuare 10-12 movimenti.
Nonostante la tecnica delle ripetizioni cumulative non venga usata ai giorni nostri, riteniamo che presenti una validità da tenere in considerazione. Permette infatti di utilizzare un carico ottimale per attivare le unità motorie rapide, e consente, grazie all'inserimento delle apposite pause di 10 secondi, di allungare il tempo di lavoro totale sul muscolo raggiungendo un esaurimento maggiore rispetto ad una serie normale. L'accumulo dell'acido lattico, problema principale nei lavori ad alte ripetizioni, viene ritardato dalle pause di recupero tra le miniserie e diventa consistente solo verso la fine del lavoro, quando le ripetizioni sono maggiori e l'accumulo dei prodotti di scarto diventa consistente. Se analizziamo una serie eseguita con la tecnica delle ripetizioni cumulative, ci possiamo rendere conto di trovarci di fronte ad una serie, composta da più miniserie eseguite con la metodologia di un piramidale di ripetizioni in ascesa. Infatti a partire dalla prima miniserie il numero delle ripetizioni aumenta costantemente, mentre il carico resta invariato. Nelle prime miniserie è possibile spingere con la massima potenza, visto che la resistenza applicata può essere vinta grazie ad una applicazione di forza non massimale; nelle serie successive il lavoro verrà progressivamente protratto sino al coinvolgimento di tutte le fibre del muscolo interessato.
Una serie di ripetizioni cumulative può costituire un lavoro sufficiente, per un gruppo muscolare, per molti individui normodotati. Occorrerà tuttavia prestare particolare attenzione all'analisi dell'esercizio che andremo ad eseguire; infatti nel caso di un movimento complesso vi è la possibilità che dei muscoli secondari, che lavorano in sinergia con il gruppo muscolare principalmente interessato, raggiungano l'esaurimento prima del muscolo target, impedendoci così di continuare la serie.
LE TECNICHE D'INTENSITÀ' APPLICATE ALLE RIPETIZIONI
Appartengono a questa categoria tutte quelle tecniche che prevedono una ricerca dell'aumento dell'intensità tramite l'applicazione di una modalità d'esecuzione particolare. La variazione effettuata, rispetto ad un modello d'esecuzione standard ci consentirà di incrementare il livello della qualità dello sforzo applicato nell'esercizio. Distingueremo due possibili varianti:
la) l'applicazione di un'esecuzione particolare su tutte le ripetizioni che compongono la serie;
2a) l'applicazione di un'esecuzione particolare sulle ultime ripetizioni, dopo avere già raggiunto l'esaurimento attivo della serie composta da ripetizioni nello stile standard.
Alcune tecniche specifiche si adattano a una e/o all'altra variante.
Le tecniche d'intensità applicate alle ripetizioni permettono di raggiungere dei livelli di sforzo molto elevati, infatti prevedono l'utilizzo di una resistenza che rimane invariata per tutta la serie, anche dopo il sopraggiungere del cedimento della fase concentrica.
Nell'analisi delle varie tecniche il lettore potrà notare delle notevoli differenze di esecuzione, in alcuni casi in netta contraddizione l'una con l'altra. Tutto ciò è fa logica conseguenza di uno sport che sfrutta l'esercizio come mezzo per inviare stimoli specifici: proprio per questo motivo si rende necessario utilizzare più mezzi, per evita¬re pericolose situazioni di standardizzazione dello stimolo allenante.
CHEATING
Il cheating ("imbrogliare"), o "tecnica delle ripetizioni aiutate", è una delle tecniche più antiche del body-building. Consiste nell'utilizzare un aiuto, rappresentato da una spinta o slancio, che consenta di superare la parte più difficile della ripetizione.
Nella pratica molti culturisti si accorgono di non essere in grado di continuare a spingere la serie, a causa della stanchezza accumulata durante le prime ripetizioni; a questo punto, intervengono variando lo stile d'esecuzione, aiutandosi quindi con uno slancio che permetta loro di superare la parte più difficoltosa dell'esercizio, e riuscendo così a continuare il lavoro. La tecnica del cheating consente quindi di innalzare l'intensità del lavoro tramite diverse modalità d'applicazione-, in questo modo:
- permette al soggetto di eseguire ancora qualche movimento dopo il sopraggiungere dell'esaurimento positivo-,
- favorisce l'uso di una resistenza superiore, fino dalle prime ripetizioni, rispetto alle ripetizioni in stile perfetto.
L’applicazione della tecnica del cheating, riferita ad entrambe le modalità, non si adatta a tutti gli esercizi. Infatti in alcuni movimenti non è possibile aiutarsi tramite uno slancio, quando fa traiettoria è lineare (vedi il bench-press o le spinte verso l'alto); in altri la pericolosità legata ad una forma di esecuzione "aiutata" è tale da sconsigliarne l'uso (vedi lo squat o il rematore).
LE RIPETIZIONI FORZATE
È una tecnica da applicare soltanto dopo avere raggiunto l'esaurimento concentrico nella serie con le ripetizione standard. Consiste nel farsi aiutare da un compagno, per completare la ripetizione dopo il cedimento attivo, che alleggerirà il carico spingendo quel tanto che basta da permetterci di realizzare il movimento. Al fine di un'applicazione ottimale della tecnica delle ripetizioni forzate è necessario:
- potere disporre di un partner attento e molto sensibile, che dovrà intervenire nel preciso momento (né prima né dopo, pena la perdita di una parte dei benefici e soprattutto l'impossibilità di quantificare lo sforzo profuso) in cui il soggetto non è più in grado di completare la ripetizione;
- conoscere l'arco di lavoro del muscolo target, nel caso si applichi la tecnica delle ripetizioni forzate ad un esercizio complesso, per evitare di inserire l'aiuto in una parte del movimento in cui lo sforzo risulti essere deputato all'azione di un muscolo secondario (vedremo più avanti l'applicazione tecnica di questa affermazione);
- non eseguire più di 2-3 ripetizioni forzate per serie;
- limitare l'uso di tale tecnica ad un massimo di 2-3 serie per gruppo muscolare;
- utilizzare una frequenza molto rarefatta degli allenamenti con le forzate, al massimo una seduta ogni microciclo di 7-9 giorni (ma è molto meglio, specialmente per i meno dotati, limitarsi ad un allenamento ogni 2-3 settimane).
È importante ricordare sempre che si tratta di una tecnica intensissima, con la quale è molto facile oltrepassare la sottile linea che divide un allenamento produttivo per l'aumento della massa muscolare, da un work-out non recuperabile che ci condurrà incontro ad un inevitabile superallenamento.
L'applicazione della tecnica delle ripetizioni forzate si adatta, in teoria, a tutti gli esercizi del body-buitding. Le capacità istintive di un buon partner giocheranno a favore dell'ottimizzazione di questa tecnica. L'aiuto al momento giusto è fondamentale, e deve essere calibrato in maniera misurata rispetto alle reali necessità del soggetto. Troppe volte sì assiste ad esecuzioni paurose, nelle quali il partner solleva metà del carico sull'attrezzo. Due le possibili cause: la prima è l'immodestia o l'esibizionismo di chi pretende di sollevare pesi che non gli competono; la seconda è l'incapacità del partner di alleggerire soltanto del necessario la resistenza dell'attrezzo.
LA NEGATIVA O ECCENTRICA
Questa tecnica consiste nell'eseguire solamente la fase "negativa" (eccentrica o passiva) di un esercizio. Vi sono due modalità principali d'applicazione:
la) utilizzando un carico superiore al massimale (110-130%), si effettua un numero prefissato di ripetizioni nella sola fase negativa. Occorrerà logicamente disporre di due o più partner che solleveranno il carico nella fase concentrica. Si tratta di una tecnica molto valida per aumentare la forza massimale. Si rivela praticamente inutile per il body-buìlder, soprattutto se teniamo conto delle difficoltà pratiche d'esecuzione e della pericolosità derivante dall'uso di resistenze superiori al massimale;
2a) dopo avere raggiunto l'esaurimento positivo della serie, si introducono le ripe¬tizioni negative. Possiamo ricorrere a due differenti varianti nell'applicare questa seconda modalità:
a) la resistenza utilizzata rimane la stessa per tutta la durata della serie, quindi il carico che si userà per le ripetizioni negative non varierà;
b) il carico usato nelle ripetizioni negative sarà maggiore rispetto a quello utilizzato nella prima parte della serie; dopo avere raggiunto l'esaurimento attivo, due partner solleveranno il peso per noi e ci lasceranno eseguire la ripetizione negativa applicando una pressione sull'attrezzo, in modo da aumentare il carico. È possibile anche aggiungere due piastre al bilanciere, dopo avere concluso la serie normale, ed eseguire le ripetizioni negative.
Si può inoltre ricorrere a tre ulteriori varianti d'esecuzione di questa tecnica, che a loro volta comportano l'abbinamento di più tecniche :
- utilizzare la tecnica del cheating per superare la fase concentrica, quindi lavorare sulla fase negativa;
- applicare la tecnica delle "ripetizioni forzate" e cercare di accentuare la fase negativa della ripetizione, rallentando il più possibile il movimento o ricorrendo all'aiuto di un partner che applicherà una pressione sull'attrezzo aumentandone il carico;
- completare la serie ad esaurimento concentrico, quindi eseguire alcune ripetizioni con la tecnica delle "forzate" e, per finire, grazie all'aiuto di un compagno, cercare di trattenere il carico per diverse ripetizioni negative.
L'ultima soluzione vista è indubbiamente la più intensa. Già inserita nei work-out di alcuni mostri sacri del body-building, Mentzer e Yates su tutti, è di una pericolosità estrema. Abbinando le ripetizioni negative con le forzate, dopo avere già raggiunto l'esaurimento della serie a ripetizioni standard, ci avviciniamo pericolosamente a quella situazione di esaurimento totale che nessun body-buiider dovrebbe mai ricercare. Avventurarsi oltre i limiti fisiologici, se non si è superdotati e dopati, è sicura garanzia di diminuzione e regresso dei risultati.
Anche coloro i quali non sono stati baciati dalla genetica possono tuttavia utilizzare la tecnica delle ripetizioni negative, ricorrendo a delle varianti meno "estreme" di quella usata dai due professionisti citati. Sarà tuttavia necessario introdurre con accortezza questa tecnica, limitandosi ad accentuare la fase negativa (rallentando il movimento) nelle ultime ripetizioni di una serie a cedimento positivo. La frequenza dell'applicazione delle ripetizioni negative sarà inversamente proporzionale all'intensità della modalità d'esecuzione utilizzata, e andrà logicamente rapportata alle singole capacità del soggetto. Per la maggioranza degli individui si consiglia di limitare l'introduzione di questa tecnica a 1-2 serie per gruppo muscolare, ogni 2-3 settimane.
LOCK-OUT
È una tecnica che va applicata a tutte le ripetizioni della serie. Consiste infatti nell'eseguire una brevissima interruzione ( 1-2 secondi) tra una ripetizione e l'altra. Ad una prima analisi può sembrare di trovarci nuovamente di fronte a una delle tecniche d'intensità applicate alìe serie, nelle quali era prevista l'interruzione delle ripetizioni all'interno della serie. In realtà con la tecnica lock-out varia la modalità d'esecuzione delle ripetizioni: infatti la serie non è più composta da un numero ininterrotto di ripetizioni che permetta di mantenere una tensione continua sul muscolo, ma ogni ripetizione è intervallata da una brevissima sosta (durante la quale sarà opportuno non fare gravare il carico sulla muscolatura interessata).
CONTINUOS TENSION NO LOCK-OUT
È la tecnica del body-building. Consiste nell'eseguire ogni ripetizione e tutte le ripetizioni di una serie in tensione continua e senza nessuna sosta tra loro. Come già detto, occorrerà ridurre se necessario l'arco del movimento - per evitare di scaricare la resistenza sullo scheletro e non più sul muscolo interessato. Ogni ripetizione andrà eseguita consecutivamente all'altra, senza nessuna sosta e nessun calo di tensione nell'applicazione della resistenza. La serie vista dall'esterno dovrà sembrare l'insieme di più movimenti fluidi, controllati e continui. L'applicazione di questa tecnica è da adottarsi in tutti gli esercizi e soprattutto dovrà diventare il gesto fondamentale dal quale partiranno le innumerevoli varianti.
TENSIONE CONTINUA
Questa tecnica differisce dalla precedente in quanto presenta una possibilità di applicazione limitata alla singola ripetizione. Possiamo infatti eseguire una sola ripetizione in tensione continua, introducendo eventualmente una brevissima pausa prima di ripetere la ripetizione successiva. La tecnica della ripetizione continua comporta l'inevitabile riduzione dell'arco del movimento: in molti casi sarà necessario evitare la completa estensione delle articolazioni o la loro flessione, o addirittura entrambe le situazioni. Gli esercizi ai cavi e con le macchine isotoniche permettono, in genere, di mantenere una maggiore tensione continua rispetto ai pesi liberi.
ISOTENSIONE
La tecnica dell'isotensione consiste in una volontaria contrazione della muscolatura. Può essere applicata sia durante l'esecuzione dell'esercizio che tra un esercizio e l'altro. Comporta quindi una completa ed intensa contrazione del muscolo. L'applicazione pratica di questa tecnica, la cui paternità è attribuita a Joe Weider, prevede di eseguire una contrazione volontaria e massimale nelle ultime tre o quattro ripetizioni di un esercizio. Si adatta ad essere applicata soprattutto in quegli esercizi nei quali la parte finale della fase concentrica (o attiva) corrisponde alla posizione in cui il muscolo lavorato è completamente accorciato (quindi contratto) e sotto tensione.
C.A.T.
L'inventore della tecnica C.A.T. o "allenamento di accelerazione compensatoria" è il dottor Hatfield, atleta in grado di effettuare uno squat in gara con più di 450 chili oltre che tecnico e ricercatore di fama mondiale. Il principio fondamentale sul quale si basa questa tecnica è legato all'analisi della traiettoria del movimento, e conseguentemente alle variazioni d'intensità del carico in base alle leve articolari. Come ben sappiamo, ogni movimento presenta una parte "difficile" in contrapposizione a parti relativamente "facili". Se osserviamo, senza scendere nei particolari, un movi¬mento come lo squat possiamo distinguere due parti:
la) è la parte del movimento più difficile, quella che porta l'atleta dalla posizione accosciata al superamento della fase nella quale le cosce sono parallele al pavimento. Le difficoltà legate a! superamento della resistenza, partenza a velocità zero con inversione della direzione del movimento e bracci di leva sfavorevoli, fanno sì che il carico utilizzato in questa prima parte corrisponderà al massimo peso sollevabile nell'esercizio;
2a) è la parte finale, nella quale si realizza fa completa distensione delle ginocchia; il carico risulterà progressivamente sempre più leggero, permettendo in molti casi anche di velocizzare il movimento nel finale.
Ci scuseranno i power-lifter per questa analisi approssimativa del "re" degli esercizi, ma d'altronde la tecnica C.A.T. nasce proprio per soddisfare le loro esigenze. Hatfield consiglia come applicazione pratica della tecnica di velocizzare il movimento per riuscire a superare il punto critico. I vantaggi dovrebbero interessare sia coloro che ricercano l'aumento delie dimensioni che i desiderosi di sollevare maggiori pesi. Secondo il ricercatore, accelerando il movimento nelle fasi più semplici dell'esercizio, non soltanto sfrutteremo la velocità raggiunta per superare la fase difficile, ma riusciremo anche ad utilizzare più unità motorie durante le prime ripetizioni della serie -aumentando l'entità dello sforzo non mediante il carico ma attraverso la velocità.
Hatfield suggerisce l'utilizzo di carichi che vadano dal 60 all'80% del massimale, mantenendo una velocità di esecuzione caratterizzata da una progressiva accelerazione nella fase concentrica del movimento. Il numero delle ripetizioni consigliate varia dalle 5 alle 8. Si raccomanda logicamente di evitare di raggiungere i "fine corsa" articolari, vedi massima estensione dei gomiti o delle ginocchia, per ovvie ragioni di prevenzione.
L'utilizzo della tecnica del C.A.T. sembra maggiormente indicato nei movimenti complessi.
Il C.A.T ci appare di indubbia validità nel ruolo di tecnica specifica in grado di migliorare la forza esplosiva. Infatti sia l'utilizzo dei carichi consigliati, dai 60 all'80% del massimale, che il numero delle ripetizioni (oltre alle modalità di esecuzione delle singole ripetizioni) indicano un lavoro in grado di reclutare e sincronizzare molte unità motorie. La possibilità di continuare a spingere "oltre" sarà probabilmente condizionata dall'esaurimento di parte delle fibre muscolari chiamate in causa già dalle prime veloci ripetizioni. La fisiologia neuromuscolare costringerà il soggetto ad accettare una inevitabile riduzione della esplosività (leggi velocità) del movimento; ma riuscendo a continuare a macinare ripetizioni, magari con l'introduzione di altre tecniche specifiche, sarà possibile esaurire il muscolo bersaglio.
Occorre precisare come il dott. Hatfield attribuisca alla combinazione di alta velocità ed afta intensità un valore in qualità di stimolo in grado di produrre l'ipersplasia.
RIPETIZIONI 1 E 1/4
Non si tratta di eseguire una ripetizione con un movimento diverso da quello standard, ma di inserire una frazione di movimento (da qui la definizione 1 e un quarto) al termine delle singola ripetizione completa. La modalità d'applicazione di questa tecnica permette di sbizzarrirci a nostro piacimento. È infatti possibile sia variare la frazione del movimento durante l'arco di lavoro dell'esercizio, che limitare l'applicazione della tecnica solamente ad alcune ripetizioni della serie. Il punto che chiaramente ci interessa maggiormente, trattandosi di una tecnica che va a modificare quella che è l'esecuzione standard della ripetizione, è riuscire a stabilire dove inserire la frazione di ripetizione. Al di là delle svariate possibilità, più o meno legate a fattori soggettivi ("la sento di più", "così mi brucia, così no"), alcune indicazioni logiche possono servire a capire meglio come e dove applicare la tecnica.
1°) Introdurre il "quarto di ripetizione" nella parte finale della fase attiva (concentrica) del movimento, negli esercizi con i quali si realizza la massima contrazione (accorciamento), senza che il carico venga sorretto dai segmenti ossei nella suddetta fase (ad esempio: pectoral-machine, alzate laterali ai cavi).
2°) È inoltre possibile introdurre, come ulteriore variante (anche se di minore validità), il "quarto di movimento" alla fine della fase passiva (eccentrica), soprattutto negli esercizi "semplici" (ad esempio: croci su panca orizzontale, lento con manubri).
BURNS
Le "burns" o "bruciature" sono delle ripetizioni ridottissime, meno di un quarto del movimento completo (in molti casi corrispondono ad un'ampiezza di 5-8 cm), da eseguire alla fine della serie.
Le burns, come nel caso di tutte le tecniche che permettano di incrementare l'intensità, possono rappresentare un'arma a doppio taglio, facendoci incorrere in pericolose situazioni di sovrallenamento. Trattandosi di una tecnica da applicare solo dopo il sopraggiunto esaurimento delle fibre durante la serie a ripetizioni standard, occorrerà molta accortezza e gradualità nell'applicarla.
RIPETIZIONI A SETTORE
Tecnica poco usata ma molto intensa, consiste nel dividere l'esercizio da eseguire in più settori. Prendendo come esempio il culi con il bilanciere in piedi, è possibile dividere la fase concentrica in tre parti:
la) è l'inizio del movimento: le braccia sono distese lungo il corpo, flettiamo gli avambracci fino ad un punto inferiore alla posizione che li vede paralleli al pavimento; in questo modo abbiamo eseguito un arco di lavoro di 60°, cioè da 0° a 60°;
2a) è la parte intermedia del movimento, la più diffìcile: continuiamo a flettere gli avambracci fino a superare il punto critico; il lavoro eseguito è di 60°, cioè da 60° a 120°;
3a) è la parte finale, nella quale completiamo la ripetizione: la flessione del gomito raggiunge all'incirca i 170°.
Vi sono in realtà molte soluzioni che ci permettono di lavorare applicando la tecnica delle ripetizioni a settore; prendiamo in considerazione le due varianti più semplici.
A) Eseguiamo la prima parte di ripetizione in fase attiva da 0° a 60°, ritorniamo alla posizione di partenza (braccia distese lungo il corpo); effettuiamo la seconda ripetizione in fase attiva, da 0° a 120°, quindi ritorniamo alla posizione di partenza completando la fase passiva; completiamo l'ultimo settore eseguendo la terza ripetizione in fase attiva, da 0° a 170°, ed in fase passiva torniamo alla posizione di partenza con le braccia distese lungo il corpo.
B) Eseguiamo una ripetizione completa, quindi una ripetizione nel 1° settore (da 0° a 60°); effettuiamo una seconda ripetizione completa, dopodiché una ripetizione nel 1 ° e 2° settore. È possibile anche interrompere la fase negativa del movimento per effettuare la ripetizione a settore nel punto che ci interessa.
Si tratta di una tecnica all'apparenza complicata, ma che permette di elevare notevolmente l'intensità del lavoro, costringendo il soggetto ad esercitare un controllo neuromuscolare elevatissimo.
SERIE "21"
È una tecnica molto simile alla precedente, in voga nella West Coast nel periodo dell'epopea del body-building: gli anni 50 e 60. Anche in questo caso occorre dividere il movimento dell'esercizio scelto in due parti. Prendiamo ancora una volta come esempio l'esercizio di curl con il bilanciere in piedi, forse il movimento più usato in assoluto per applicarvi tale tecnica. Dividiamo il movimento come segue:
1) da 0° a 90°, cioè dalla posizione di partenza con le braccia distese, alla posizione che vede gli avambracci paralleli al pavimento;
2) da 90° a 170°, completeremo quindi il movimento dalla posizione con gli avambracci paralleli al pavimento fino alla chiusura totale del gomito.
Anche in questo caso sono possibili varie modalità di applicazione; la logica, relativamente alle diverse difficoltà create dal carico in rapporto all'angolo di lavoro, ci consiglia di operare in questo modo: selezioniamo un carico che ci permetta di compiere 8-10 ripetizioni, con il quale eseguiremo 7 movimenti per ognuna delle tre fasi, 7+7+7 = 21, nell'ordine che segue:
a) eseguiamo la seconda parte dell'esercizio, cioè quella che inizia con gli avambracci paralleli al pavimento e termina con la massima contrazione dei flessori (da 90° a 170°);
b) dopo l'ultima ripetizione torniamo con le braccia distese lungo il corpo ed eseguia¬mo 7 ripetizioni complete (da 0° a 170°);
c) completiamo la "serie 21" con 7 ripetizioni nell'arco di lavoro della prima fase dell'esercizio, cioè quella che va da una posizione di partenza con le braccia distese fino a giungere con gli avambracci paralleli al pavimento (da 0° a 90°).
Appare evidente come la prima fase (da 90° a 170°) sia la più dura, ed infatti viene svolta in condizioni di freschezza muscolare; la seconda fase, che consta in un movimento completo, richiederà probabilmente un cheating nelle ultime ripetizioni; la terza fase verrà svolta in condizioni di grande affaticamento, ma sarà rappresentata da un movimento svolto nell'arco di lavoro più facile della ripetizione.
Anche in questo caso si tratta di una tecnica che consente di affinare quel controllo volontario del gesto che troppe volte sfugge ai meno esperti e/o ai meno sensibili, i quali si lasciano andare compiendo delle esecuzioni approssimative, volte soltanto a sollevare più peso. La tecnica si adatta particolarmente bene agli esercizi che presentano un ampio arco di lavoro.
PEAK-CONTRACTION
Questa tecnica, ideata da Joe Weider, si basa sulla necessità di introdurre degli esercizi, all'interno della scheda d'allenamento, che permettano di ottenere la massima contrazione del muscolo allenato. Si tratta come sempre di riuscire ad aggirare l'ostacolo principale dei body-builder. le difficoltà legate ai cali di tensione muscolare, inevitabilmente causati dal variare delle leve articolari durante il movimento.
Il concetto chiave sarà quindi quello di scegliere dei movimenti che permettano di ritrovarsi con il muscolo bersaglio completamente accorciato o contratto alla fine della fase attiva (concentrica o positiva). Salvo in pochi casi, manubri e bilancieri impediscono che la tecnica della peak-contraction venga applicata. L'utilizzo dei macchinari sembra quindi indispensabile.. Mentzer consigliava di inserire, all'interno della routine, almeno un esercizio (ogni tre) al quale fosse possibile applicare la tecnica della massima contrazione. Questa tecnica, che in realtà non modifica l'esecuzione standard della ripetizione, risulta particolarmente interessante, soprattutto se abbinata ad altre, in quanto garantisce la possibilità di raggiungere il massimo sforzo associandovi una eventuale contrazione isometrica. Così facendo rispetta in pieno il concetto della tensione continua.
Commenti
Posta un commento